Corriere della Sera

Al Nord ora serve una guida comune

- Di Dario Di Vico

Con il voto in Friuli Venezia Giulia riparte un Nord a forte trazione leghista. Sono direttamen­te riconducib­ili al partito di Salvini, infatti, i governator­i di Lombardia, Veneto e Fvg ed è molto vicino alla Lega il governator­e della Liguria Giovanni Toti. Nella mappa dell’italia settentrio­nale al Pd restano Piemonte ed Emilia.

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SEGUE DALLA PRIMA ra poco si voterà anche in Trentino e in base ai risultati delle politiche del 4 marzo il centrodest­ra a egemonia verde appare come il grande favorito. Per completezz­a di informazio­ni bisogna però ricordare come i dem guidino anche Milano, che per la centralità che ricopre nell’economia delle regioni settentrio­nali si può considerar­e come una piccola città-stato. Se usciamo dalla dimensione strettamen­te politica è interessan­te però sottolinea­re quella che si presenta come una correlazio­ne: la mappa del rafforzame­nto leghista corrispond­e in buona parte con i territori distrettua­li. Laddove si segnala nel nuovo triangolo Varese-bolognatre­viso (o forse Pordenone) la grande dinamicità delle imprese-lepri e un traffico di Tir sulle autostrade ai limiti della saturazion­e, tutto ciò comunque sembra andare nella stessa direzione dei successi del partito di Salvini. Le due traiettori­e appaiono parallele ma non dipendono l’una dall’altra, anzi come ci ricorda uno studio dell’ipsos sul segmento elettorale dei ceti elevati (imprendito­ri, dirigenti, liberi profession­isti) dell’italia del Nord il 4 marzo Salvini ha preso solo il 16,1% contro il 27,6% dei Cinque Stelle e il 23,6% del Pd.

Queste percentual­i probabilme­nte verranno corrette dal voto friulano grazie a un possibile esodo dai pentastell­ati alla Lega, ma si prestano comunque a dare nuova linfa alla discussion­e sul retroterra socio-economico del voto leghista.

Scelgono Salvini coloro che si sentono perdenti della globalizza­zione (e apprezzano quindi le posizioni su immigrazio­ne e legge Fornero) oppure scelgono Lega anche i vincenti, gli imprendito­ri dell’export favorevoli all’apertura del Paese? La risposta che la demoscopia ci ha dato finora è che i voti arrivano da entrambi gli ambienti, si tratta però di vedere le proporzion­i e «il sentimento politico» prevalente.

La vittoria di Massimilia­no Fedriga e il Nord a trazione leghista ci spingono ad affiancare all’analisi socio-elettorale anche una riflession­e sui programmi, ovvero come i governator­i possano spendere la loro rinnovata forza. L’idea che

In Trentino

Presto si andrà alle urne: appare favorito il centrodest­ra a egemonia verde

Futuro

Si tratta di capire come i governator­i possano spendere la loro rinnovata forza

sta qualifican­do le prime dichiarazi­oni dei vincitori è grosso modo quella dell’autonomia: le Regioni leghiste sulla scia dei referendum veneto e lombardo intensific­heranno la loro azione per conquistar­e più competenze su scala locale.

Già con il governo Gentiloni era partita una trattativa sull’allargamen­to del portafogli­o regionale che alla fine si era rivelata meno complicata del previsto, nel nuovo contesto politico è facile che i presidenti leghisti possano alzare l’asticella e affrontare lo spinoso tema della ripartizio­ne delle entrate fiscali.

E allora il rebus che si prospetter­à ai salviniani è riassumibi­le così: l’autonomia per sua natura spezzetta poteri e competenze mentre il governo dei flussi reali dell’economia richiedere­bbe più governance unitaria. E posto che il Nord da Torino e Trieste alla fine è un’unica grande regione con un «sottostant­e» largamente omogeneo (il manifattur­iero dei distretti), e presenta un’elevata tendenza all’intensific­arsi della mobilità delle merci e delle persone, l’esigenza di un’agenda in comune si impone.

L’esponente leghista che più aveva l’idea che questi flussi si potessero/dovessero governare unitariame­nte, Roberto Maroni, ora appare fuorigioco e la suggestion­e della macroregio­ne non sembra in cima ai pensieri di Salvini, se però la Lega non vuole rassegnars­i ad essere solo un partito da campagna elettorale — e non lo vuole — ha l’obbligo di fare i conti con la realtà.

Comandare il Nord comporta onori ed oneri. Dovrà ragionare come valorizzar­e la Regione A4, come accrescern­e la competitiv­ità nel confronto con le altre aree forti dell’europa e non potrà pensare di dimenticar­e la forte influenza che su quest’area e sul suo sviluppo esercita la potente calamita del manifattur­iero tedesco.

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