Addio a Vittorio Strada, l’amico dell’altra Russia
Lo slavista ex comunista si era schierato con gli scrittori invisi al potere sovietico
Amava intensamente la Russia, la sua cultura e la sua storia: proprio per questo, da comunista quale era stato a lungo, con l’andare del tempo e l’arricchirsi dell’esperienza aveva maturato una posizione critica sempre più severa verso il regime totalitario scaturito dalla rivoluzione d’ottobre. Vittorio Strada, scomparso all’età di 88 anni, aveva contribuito in maniera eccezionale, mediante i tanti scritti, la lunga collaborazione al «Corriere della Sera», l’attività editoriale e accademica, a far conoscere il valore della letteratura e del pensiero russi e nel contempo a demolire il mito ingannevole dell’unione Sovietica.
Nato a Milano il 31 maggio 1929, si era laureato in filosofia all’università Statale con Antonio Banfi, intellettuale di spicco del Pci. Dato che aveva scelto una tesi sul materialismo dialettico, filosofia di Stato dell’urss, era stato logico per Strada trasferirsi poi a Mosca nel 1957. Dopo la denuncia dei crimini di Stalin l’anno precedente, da parte di Nikita Krusciov, si era aperta la stagione fruttuosa del disgelo. E per uno spirito brillante e intraprendente notevoli erano le opportunità di confronto con un mondo letterario che andava risvegliandosi.
Un saggio apparso sul «Contemporaneo», rivista del Pci, attirò sul giovane studioso l’attenzione del grande scrittore Boris Pasternak, che lo volle incontrare di persona. A Strada il futuro premio Nobel disse di riferire all’editore Feltrinelli che egli desiderava la pubblicazione in Occidente del suo capolavoro Il dottor Živago, di cui lo stesso Feltrinelli aveva ricevuto il manoscritto, e che il suo precedente telegramma in senso opposto non doveva essere tenuto in considerazione, poiché era stato il prodotto di una coercizione esercitata dal regime. «Voglio che il mio libro esca a ogni costo», gli confidò Pasternak.
Gli scritti non ortodossi e le frequentazioni sospette resero Strada inviso all’apparato sovietico. Non piacevano per esempio i suoi rapporti con la rivista «Novyj Mir» (Nuovo Mondo), che nel 1962 pubblicò il testo di Aleksandr Solženitsyn, Una giornata di Ivan Denisovic. Nel 1968, proprio per via di una lettera del futuro Nobel e autore di Arcipelago Gulag che fu scoperta in suo possesso, Strada venne fermato all’aeroporto di Mosca e tenuto in arresto per un giorno.
Assunto dalla casa editrice Einaudi, Strada cominciò ad affermarsi in Italia come slavista e traduttore. Dopo la raccolta di saggi Letteratura sovietica (Editori Riuniti, 1964) ne pubblicò un’altra di maggior rilievo nel 1969, Tradizione e rivoluzione nella letteratura russa (Einaudi). Poi nel 1970 vinse una cattedra di Lingua e letteratura russa all’università Ca’ Foscari di Venezia, dove avrebbe insegnato fino al 2003. Nel 1977 le autorità dell’urss negarono a Strada il visto d’ingresso nel Paese: una decisione forse inevitabile, dati i suoi sempre più stretti rapporti con gli ambienti del dissenso. Altrettanto inevitabile fu il suo addio al Pci nel 1980: anche se Enrico Berlinguer aveva preso le distanze da Mosca, i risvolti ambigui della sua posizione non potevano soddisfare Strada.
Due punti gli stavano a cuore: da una parte denunciare il fanatismo partorito dall’ideologia rivoluzionaria russa a cavallo tra il XIX e il XX secolo, di cui il terrore staliniano era stato il frutto più avvelenato; una vicenda di cui aveva esplorato le radici nel suo libro più recente, Il dovere di uccidere, uscito pochi mesi fa da Marsilio. In secondo luogo Strada, con la Storia della letteratura russa da lui diretta (pubblicata a Parigi da Fayard in sei volumi, di cui ne uscirono tre in Italia da Einaudi) e con libri come Le veglie della ragione (Einaudi, 1986) o Eurorussia (Laterza, 2005), si era impegnato per trasmettere la varietà e la profondità di una tradizione che il regime sovietico aveva oscurato e distorto. Opportunamente nel 1992, crollata l’urss, era stato nominato direttore dell’istituto di cultura italiano a Mosca, carica mantenuta fino al 1996. C’è un universo intero di autori che molti di noi hanno potuto apprezzare solo grazie al lavoro di Strada.