Grillo e Dibba soccorrono Di Maio L’idea delle urne agita i 5 Stelle
Il fondatore: fanno le maestrine sfruttando l’energia di chi li ha sconfitti
Passano pochi minuti dal video di Luigi Di Maio, che subito scende in campo la contraerea, con un post vibrante di Alessandro Di Battista e uno, come sempre immaginifico e forte, del fondatore Beppe Grillo. Una difesa preventiva e collettiva necessaria, perché Luigi Di Maio ha perso la pazienza e sa di fare un passo che farà tremare più di uno all’interno del Movimento: chiedere le urne subito, a giugno, significa rimandare in mare aperto un plotone di 331 parlamentari, approdati dopo una campagna elettorale lunga e faticosa. Un Movimento che, come dice il romano Paolo Ferrara, si è «affacciato per un attimo all’inferno» e ora si trova sperduto e indifeso, con la sconfitta elettorale in Friuli Venezia Giulia (che preoccupa per la cannibalizzazione del Movimento da parte della Lega al Nord), le polemiche su Roberto Fico, i malumori di chi vede la poltrona traballare e il rischio di essere coinvolto in governi-ponte prima delle urne. Che non saranno a giugno, per motivi tecnici.
Di Maio si sente tradito da Lega e Pd, o così dice. Nel video parla con un carico di enfasi inedito, per sottolineare l’«indignazione». Parla dei partiti che «difendono i loro sporchi interessi». Se la prende con Renzi, secondo il quale «un padre di famiglia che perde il lavoro va lasciato solo». Quel Renzi che «ci ha attaccato, anziché chiedere umilmente scusa». Conclusione: «Non c’è altra soluzione che tornare al voto». E lo dice coinvolgendo Matteo Salvini: «Andiamo insieme a chiedere di andare a votare». Perché, spiega Di Maio, il vero ballottaggio è tra Lega e M5S. Non esattamente e soprattutto non ancora. Perché non è escluso Salvini ci riprovi. «Ma noi non ci stiamo — dice un dirigente M5S —. Berlusconi è off-limits. E non faremo nessun governicchio».
Chiusura a riccio. Non è solo questione di aspettative tradite, ma di disorientamento. Alessandro Di Battista tira un sospiro di sollievo e rispolvera il lessico barricadero delle origini, che era stato sostituito da quello più felpato di Di Maio. Parla di una «casta di privilegiati terrorizzati dall’abolizione dei vitalizi», del «bulletto arrogante» (Renzi), di «una massa di cinici». Qualcuno nei commenti invoca il suo ritorno, anzi che guidi il Movimento. Lui nicchia. Ma chissà.
Intanto Beppe Grillo se la prende con i «parassiti di sinistra», gli stessi con i quali Di Maio provava a fare l’accordo: «Utilizzano l’entusiasmo del nuovo per far sopravvivere il vecchio. La logica dell’inciucio avrebbe portato al governo in una settimana, giusto il tempo necessario alle spartizioni, ma sarebbe stato l’ennesimo fantoccio».
Ma è la frase finale di Di Battista che dà il senso della situazione: «Tutto il Movimento ha il dovere di sostenere Luigi e la scelta di tornare al voto». Un monito, un appello, tanto più necessario quanto più si teme che il Movimento non sia affatto «tutto» compatto. È noto che molti erano disposti a sacrificare la testa di Di Maio, e perfino a ingoiare Berlusconi, pur di andare al governo.
Basta vedere cosa dice Paola Nugnes, sempre fuori dal coro: «Io credo che si dovrebbe fare uno sforzo per provare a trovare le ragioni comuni di un accordo di governo». Oppure dare un’occhiata al post di un altro Di Battista, il padre Vittorio (che non parla mai, però, a nome del figlio). Di Battista padre ci va giù duro, rilevando «tre errori di impostazione e una omissione» di Di Maio. «Chiedere di andare subito al voto è una cag... pazzesca. Continuare a usare “io” al posto del “noi” è una visione del Movimento che non è la mia. Il nodo della cravatta è storto». Infine, l’omissione: «Omettere di licenziare il professor Della Cananea».
d Dudù al guinzaglio non l’ho mai visto. Salvini sia coraggioso e chieda il voto Alessandro Di Battista
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Chiedere subito il voto è una cag... pazzesca. Il nodo della cravatta è storto Il padre di Di Battista