«Il silenzio della Chiesa? È un richiamo a tutti i leader»
Caro direttore, ho letto volentieri il commento a firma di Marco Garzonio pubblicato sull’edizione del Corriere di domenica 29 aprile sotto il titolo «Francesco parla, ma la Chiesa è silenziosa». Partendo dalla conclusione dell’articolo, mi hanno fatto riflettere le due sfide con le quali — secondo il giornalista — la Chiesa è chiamata a confrontarsi: la messa a fuoco delle modalità con cui i cristiani oggi possono contribuire al processo democratico e la sperimentazione di forme d’attenzione alla politica, nella consapevolezza che è attraverso l’impegno concreto che la fede stessa rivela la propria autenticità.
Su questo duplice terreno mi trovo pienamente d’accordo. E che non si tratti di un’accondiscendenza semplicemente esteriore lo dimostrano scelte precise — e spesso scomode — che mi hanno visto intervenire a più riprese nel dibattito pubblico sia ecclesiale che sociale, mosso dalla volontà di spronare e accompagnare il cammino comunitario. Non ho difficoltà, del resto, ad ammettere che anche tra i Pastori della Chiesa non manchino incertezze e fatiche nel ritrovarsi in un quadro politico mutato e mutevole.
In tale mia veste, con la medesima franchezza mi sento di dover prendere le distanze dalla posizione da cui lo stesso Garzonio muove. La Chiesa italiana, infatti — non me ne voglia l’editorialista — non è né una Chiesa silente né una Chiesa che fatica a parlare ai soggetti politici. Basterebbe prendere in mano gli interventi del cardinale Bassetti durante gli ultimi Consigli permanenti della Cei; basterebbe leggere quanto a mia volta scrivo settimanalmente su una testata nazionale.
Se, invece, il silenzio a cui ci si riferisce è legato alle consultazioni di questi ultimi due mesi, la chiave per interpretarlo è presto detta: è attenzione a non prestare il fianco ad alcuna strumentalizzazione. Più ancora, è una forma di rispetto per cittadini e istituzioni, a partire dal ruolo del presidente della Repubblica. È, anche, giudizio su leader che avrebbero la responsabilità di guidare i rispettivi partiti e di rispettare la volontà degli elettori. Letto così, il silenzio ecclesiale di queste settimane è parola, che riafferma — insieme alla necessità di dare un governo al Paese — il richiamo a tutte le forze politiche per un’effettiva assunzione di responsabilità.