Corriere della Sera

Il ricercator­e «Di Maio qui una sola volta...»

- DAL NOSTRO INVIATO M. Ima.

TRIESTE «Che disastro». Alessandro Fraleoni Morgera siede in un’aula dove non entrerà mai. Nell’emiciclo del Consiglio regionale non c’è più nessuno. Le luci sono basse, i custodi aspettano con impazienza di chiudere tutto. Il candidato di M5S non è stato eletto, la legge del Friuli Venezia Giulia non prevede la medaglia di bronzo. I Cinque Stelle sono i grandi sconfitti. Lo scorso 4 marzo erano stati il secondo partito con il 24,6 per cento dei voti, ieri si sono fermati al 7,06%. Non è la prima volta che in Friuli Venezia Giulia vanno peggio del dato nazionale ottenuto poco tempo prima. Alle regionali del 2013 arrivarono almeno al 13,8%. «Ma quell’anno Beppe Grillo fece campagna sul territorio per una settimana. Di Maio è venuto un solo giorno, a Udine. Abbiamo chiesto aiuto a Roma, e ci hanno mandato alcuni parlamenta­ri. Sono stati bravi, ma non è la stessa cosa. Diciamo che speravo in un supporto più forte. Anche se li capisco, in fondo avevano cose più importanti a cui pensare».

Al mercato di Morteglian­o aveva capito che non era aria. «Era da poco cominciata la “trattativa” nazionale per formare un governo con il Pd. Io giravo per le bancarelle con i volantini e la gente mi diceva “se andate con quelli non vi votiamo”. A Pordenone, la stessa cosa. A Trieste, pure. Io avrò fatto anche degli errori, ma nelle ultime due settimane, quando si decide tutto, la congiuntur­a è stata pessima. La peggiore possibile. Il dialogo con il Pd ha avuto una influenza notevole, e certo non positiva. Saranno anche state due partite separate, ma non era facile spiegarlo ai nostri militanti. Per la base è stata una cosa difficile da digerire. Noi non potevamo certo dire nulla a Di Maio. E così abbiamo subito la situazione. Come si dice da altre parti, cornuti e mazziati». Fraleoni Morgera, ricercator­e universita­rio, padre di due bambine, persona civile dai modi garbati e uso ad obbedir tacendo, ha attraversa­to la campagna elettorale portandosi dietro la sindrome di Calimero. Il rivale Fedriga impazzava in television­e a ogni ora, lui non poteva neppure dire quel che pensava davvero dell’unione eventuale tra M5S e Pd. «Sono figlio di imprendito­ri che votavano a destra, sono stato iscritto ad An. Veda un po’ lei...». Ma un capro espiatorio ci vuole. La ruota ha già cominciato a girare. È un forestiero, è poco conosciuto, non morde, eccetera. In politica le sconfitte sono sempre figlie di nessuno. Anzi, di uno solo.

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