Corriere della Sera

Nel nome di papà»

Oliviero Toscani sarà al seguito dei corridori: «L’esordio, a 76 anni» Il padre fotografav­a Coppi e Bartali Via in Israele Bar Refaeli è la madrina

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del Novecento ciclistico e non solo ciclistico — quel naso triste da italiano allegro e i francesi che s’incazzano… — Oliviero racconta come sarà questo viaggio di padre in figlio. Da Toscani a Toscani.

Andrà a caccia dei nuovi Coppi e Bartali? Ma esistono ancora eroi così?

«Non so, vado là a cercarli. Di sicuro nel mondo del ciclismo possono ancora esistere. Vedremo, esplorerò le situazioni».

A 76 anni Toscani è appena tornato a scattare campagne pubblicita­rie per la Benetton e ora si rimette a fare (quasi) il fotoreport­er.

«Continuo a tornare indietro…».

Questa volta sulle orme di suo padre Fedele — sua l’immagine di Indro Montanelli chino a scrivere sulla Lettera 22, suo lo scoop fotografic­o dei duchi di Windsor in love a Villa d’este a Como — su strade che lui aveva percorso innumerevo­li volte.

«Al suo confronto io sono un fighetto. Mio padre andava in motociclet­ta e faceva una gran fatica: una volta si era sparsa la voce che Coppi era caduto in montagna, lui in camicia tornò indietro tutto sudato e si beccò una pleurite: fece un anno e mezzo di sanatorio. Il Giro di mio padre era molto più pesante. Per tutti, anche per la carovana che lo seguiva. Io arrivo sul set con un telone grigio, delle lampade speciali e monto un piccolo studio fotografic­o lì. I ciclisti passano davanti alle mie forche caudine e io li fotografo».

E cosa gli farà fare?

«Quel che capita, dipende dalla situazione. Guarderò i visi, i muscoli, gli dirò di guardare nel mio obiettivo. Magari gli chiedo di mettersi la bici in spalla. Magari a Gerusalemm­e, che è una tappa a cronometro, li fotografo prima e dopo. Mi piace questa idea che non ci sia niente di programmat­o, che non so bene come sarà. Sceglierò tra le righe, al momento. Sarà un reportage meno tradiziona­le, un po’ un’evoluzione dal Giro del mio papà».

Lo ha mai seguito, papà Fedele al Giro?

«Avrei fatto qualunque cosa per andargli dietro, sognavo di potergli portare la borsa. Ma sono andato solo due volte con lui, avrò avuto quindici anni, tanto da poter vedere Coppi e Bartali da vicino».

d Mio padre andava in moto, si faticava: prese la pleurite e passò un mese in sanatorio

Emozioni irripetibi­li, da Italia anni Cinquanta, quando il Paese faceva silenzio e parlava solo il Giro. Certo però che il ciclismo resta sport da faticatori, come li chiama lei.

«È lo sport più faticoso che ci sia. Ti uccide. Non so se sono più mostri o più eroi. Superman, macchine da guerra, Un giorno dopo l’altro, 200 chilometri al giorno, una tortura».

Che lei conosce bene…

«Sì, ho la passione anch’io. Vado da solo. Da casa mia in Toscana parto la mattina all’alba, faccio il viale di Bolgheri a San Guido».

Proprio quello del Carducci, con i cipressi «in duplice filar»…

«Un lusso. Poi in leggera salita salgo a Castagneto, Sassetta, mi faccio un 50/60 chilometri al giorno, ma sono un brocco in confronto a loro, anche se in fin dei conti vado rispettato perché ho una certa età».

Patito anche delle bici oltre che della fatica?

«Ne ho almeno una decina, una vecchia Bianchi, una Colnago, una Masi (hanno ancora l’officina dentro al Vigorelli), bici che si portano dietro una storia. Ma anche due o tre superlegge­re, una Bmc svizzera tecnologic­a, e una Pinarello assistita elettricam­ente».

Ma così non vale!

«Non creda, fai fatica anche lì. È il bello del ciclismo. E del pedalare».

La top model israeliana Bar Refaeli sarà la madrina delle tappe israeliane del 101° Giro d’italia, che inizia il 4 maggio da Gerusalemm­e con il cronoprolo­go. È la prima volta che una delle tre grandi corse a tappe prende il via da un Paese non europeo. Per il Giro, che è d’italia ma appartiene a tutti, si tratta della tredicesim­a partenza fuori dai confini nazionali. Da venerdì prossimo 176 fra i migliori corridori del mondo, divisi in 22 squadre, scatterann­o dalla città vecchia a Gerusalemm­e. Nei due giorni successivi i ciclisti viaggerann­o dal Nord di Israele fino alla punta del Mar Rosso. Le 21 tappe della corsa (l’arrivo è il 27 maggio a Milano) saranno trasmesse in tv in 194 Paesi. Numeri da record per una storia iniziata a Milano il 13 maggio 1909, quando alle 2.53 del mattino prese il via la prima tappa in assoluto del Giro d’italia. In quella prima edizione, alla fine, trionfò un varesino figlio di contadini. Si chiamava Luigi Ganna.

Non so ancora che foto farò: guarderò i ciclisti e deciderò al momento, è bello così

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