Treu: «Così cambierà il lavoro: meno ore e più produttività»
Il presidente del Cnel: trend inevitabile, già è realtà in Germania e Olanda
ROMA Presidente, tra Share e Gig economy, lavoratori agili e riders, ha ancora senso il Primo maggio?
«Il Primo maggio — risponde il presidente del Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro), Tiziano Treu — è nato quando sparavano sugli operai. Adesso la situazione è completamente diversa ma non è che il lavoro non abbia bisogno di tutela. Le grandi trasformazioni in atto minacciano l’esistenza stessa del lavoro. Negli ultimi 15 anni i posti di lavoro eliminati dalle nuove tecnologie, soprattutto nell’industria, sono molti e quelli nuovi, generati dalle innovazioni, non sono della stessa dimensione. Certamente occorre inventare nuove direzioni di sviluppo, dalla green economy ai lavori di cura, ma la prognosi non è facile. Sono problemi comuni a tutti i Paesi avanzati. In Germania si discute della settimana lavorativa di 28 ore, in Olanda metà degli occupati lavora a part time. Questa mi sembra una tendenza inevitabile».
Anche in Italia, negli ultimi anni, sono aumentati gli occupati ma è diminuito il monte ore lavorate rispetto ai livelli pre-crisi. Significa che ci sono più lavoratori a tempo parziale, spesso contro la loro volontà.
«Non c’è dubbio, è così. Si sta redistribuendo il lavoro, ma è una risposta difensiva ai cambiamenti in atto».
Che comporta anche una stagnazione dei salari.
«Dipende dalla produttività. In Olanda i lavoratori a part time non prendono salari da fame, perché la produttività è alta».
In Italia non riusciamo a risolvere questo problema. Perché?
«Perché ci vuole una politica di lungo periodo basata su investimenti continui in innovazione e formazione di alto livello. Guardi i tedeschi, hanno una sostanziale stabilità di politica industriale, noi no. Inoltre, anche quando riusciamo ad aumentare i fondi per gli investimenti, come hanno fatto i governi in questi ultimi anni, i soldi non vengono spesi, in particolare al Sud».
Torniamo al Primo maggio. I sindacati tradizionali celebrano la giornata del lavoro a Prato mentre un sindacato nato sulla rete per tutelare i riders ha organizzato una manifestazione a Bologna. Che succede alla rappresentanza sindacale?
«Deve trovare un modo di parlare e organizzare anche questi nuovi lavori. Quando ci furono le manifestazioni del Primo maggio nel 1886 a Chicago i sindacati rappresentavano in prevalenza calzolai e tipografi, poi arrivò l’industria e il sindacato americano diventò il sindacato della massa operaia. Oggi i sindacati devono cambiare ancora. Non basta mantenere i vecchi clienti, altrimenti c’è solo il declino».
Le diseguaglianze tra i lavoratori aumentano. Sia nei diritti sia nelle paghe, col fenomeno dei working poors. Che fare?
«Le nuove tecnologie sono veloci e portatrici di polarizzazioni, c’è chi vince e chi perde. Servono politiche per rafforzare gli skills dei lavoratori. Negli Usa c’è un’agenzia che si occupa specificamente di sostenere i 50enni».
Il salario minimo legale serve? In Italia non c’è.
«Rappresenterebbe una rete di sicurezza utile. Anche i tedeschi, che erano resistenti all’idea, lo hanno introdotto. Può servire contro i working poors».
Alle elezioni del 4 marzo hanno vinto le forze che vorrebbero smantellare il Jobs act, reintrodurre l’articolo 18, abolire la Fornero, mettere il reddito cittadinanza. È questa la ricetta giusta?
«Ha notato che negli ultimi giorni non ne parlano più? Il reddito di cittadinanza viene in realtà tradotto nel reddito di inserimento che, se fatto bene, è un’altra rete di sicurezza, questa volta per i poveri. Insomma, niente teorie fumose. Andiamo avanti piuttosto su Industria 4.0».
Il Cnel, sopravvissuto al referendum, che ruolo può
d
Nel lungo periodo Serve una politica basata su investimenti continui in innovazione e formazione di alto livello
avere?
«L’europa ha chiesto ai Paesi di costituire dei centri di valutazione della produttività di sistema. Come Cnel ci siamo candidati, ma serve la legge comunitaria che di solito il governo vara ad aprile. Il Cnel in quasi tutti gli altri Paesi europei c’è e svolge un ruolo apprezzato. Macron ha preso molte delle sue idee innovative da quello francese. Credo che anche in Italia ci sia bisogno di un luogo dove elaborare progetti di medio-lungo termine. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che sarà presente alla seduta inaugurale della consiliatura, fu relatore della legge di riforma del Cnel, prefigurando questa istituzione come appunto un luogo di innovazione sociale partecipata. È quello che vogliamo fare».