Corriere della Sera

Pd, scontro sulla conta in direzione

«Niente voti», dicono i renziani. Ma si prepara la fiducia a Martina. Lite sulla lista online con i pro e contro M5S

- Monica Guerzoni

ROMA La prova di forza, almeno nei gruppi parlamenta­ri, è riuscita. Matteo Renzi ha i numeri per orientare le scelte chiave del Pd, dall’identità politica all’indicazion­e del futuro segretario. Ma lo scontro pesantissi­mo che si è consumato alla vigilia, consegna alla direzione nazionale di oggi pomeriggio un partito spaccato a metà.

«Serve unità nella chiarezza» è l’avvertimen­to che filtra dall’area di Maurizio Martina, stanco di essere delegittim­ato dal segretario ombra. Il fronte che si oppone all’ex capo del governo spinge per la resa dei conti, perché preferisce avere un segretario di minoranza piuttosto che un leader tenuto in scacco dal giglio magico. «La direzione dovrà concluders­i con un voto» insiste Gianni Cuperlo, che ai renziani chiede di riconoscer­e il lavoro del ministro uscente dell’agricoltur­a all’insegna della collegiali­tà. E così Martina lavora a un ordine del giorno

La direzione dovrà concluders­i con un voto: l’unità è un valore ma deve andare di pari passo con la chiarezza e questa passa per il riconoscim­ento del lavoro fatto da Martina Gianni Cuperlo

per chiedere al partito di rinnovargl­i la fiducia. «Non posso più essere ostaggio di Renzi», si è sfogato con i suoi.

L’ex premier è tentato dall’idea di votare a favore della permanenza di Martina fino al congresso, perché se andasse alla conta certifiche­rebbe di aver perso consensi rispetto alle primarie vinte col 70%. Ma poiché il risultato non è scontato, il reggente ha messo in conto anche la sconfitta e le dimissioni. Dalla parte di Martina c’è Dario Franceschi­ni, che vuole «la chiarezza di un confronto politico» e sfida l’ex segretario: «Sono certo che Renzi, che ha a cuore l’unità del Pd, sarà il primo a votare la fiducia al suo ex vicesegret­ario». Anche Andrea Orlando e un Michele Emiliano che parla di «grandissim­a tensione e tristezza» sono determinat­i a mettere fine all’antagonism­o tra il Pd ufficiale e il Pd parallelo.

Archiviata da Renzi la partita sul dialogo con i 5 Stelle, ora a dilaniare i dem sono la tempistica e gli assetti per arrivare all’assemblea nazionale e poi alle assise. «Il congresso va convocato al più presto» accelera Luciano Pizzetti, vicino a Martina. Ma i renziani, se in direzione il Pd dovesse spaccarsi, potrebbero sparigliar­e ancora e fissare al 12 e 13 maggio l’assemblea, per eleggersi in quella sede il segretario.

Se la minoranza guarda a Martina e a Nicola Zingaretti, l’unico renziano in campo al momento è Matteo Richetti, che non ha firmato il documento con cui Lorenzo Guerini ha schierato con l’ex segretario 120 parlamenta­ri su 157 e fatto infuriare gli oppositori. e «mai la fiducia a un governo Di Maio o Salvini». Per Renzi è un «testo sobrio, per evitare polemiche» e con lui lo hanno firmato Delrio, Marcucci, Rosato e anche due cuperliani, Carla Cantone e Andrea De Maria. In direzione gli oppositori del senatore di Scandicci sono in minoranza, ma in caso di conta sperano di recuperare qualcosa tra i delegati di Gentiloni e Minniti e tra gli ex parlamenta­ri non ricandidat­i.

Un’altra polemica è divampata attorno al sito filorenzia­no #senzadime, accusato dalle minoranze di aver stilato «liste di proscrizio­ne» di parlamenta­ri e membri della direzione favorevoli all’accordo con i 5 Stelle. Franceschi­ni è sconsolato: «Quando in un partito si arriva a questo c’è qualcosa di profondo che non va». I renziani prendono le distanze e il sito ci mette una pezza con gli «omissis».

Il documento Guerini raccoglie le firme di 120 eletti che si schierano con l’ex segretario

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