La scelta di Miss Banalità
In questi giorni di bilanci e classifiche abbiamo invano sperato che suonasse il telefono e una vocina timida e tenace ci facesse una domanda un po’ insolita, un po’ stimolante. Ma serioso o frivolo che sia, questo genere di sondaggio, caro ai media e alla Sip, esce di rado dal prevedibile. Si chiede a Carneade e a sua sorella di eleggere il controllore di volo più carino dell’anno, il ministro peggiore, il miglior coiffeur, l’auto più desiderabile, il vucumprà più elegante; non si va oltre. Mentre ci sarebbero ben altri primati da stabilire, ben altri allori da distribuire.
Uno acui pensiamo spesso è per esempio il seguente: « Quali sono secondo voi i più tremendi luoghi comuni in circolazione?» . O in altre parole: « A chi dareste la coroncina di Miss Banalità?» .
Ardua è la scelta fra tante concorrenti, tutte splendide, tutte per un verso o per l’altro meritevoli. Ma dopo le dovute passerelle in lungo, in corto e in bikini, la nostra selezione si restringerebbe a due che ci appaiono, se non gemelle, certo complementari.
Una è la cosiddetta « crisi dei valori » . Che se ne possa discutere accanitamente ci pare un chiaro segno di scadimento intellettuale, più allarmante dei tanti sintomi negativi di provenienza scolastica, artistica, parlamentare, televisiva, ecc. che vengono di continuo segnalati. A noi sembra che i poveri « valori » siano in crisi sempre. Non si è mai vista una Thema foderata in pelle di sindacalista arrestarsi davanti a una lussuosa villa per lasciarne discendere un Valore ben pasciuto, abbronzato, sorridente, sigaro tra le dita, garofano all’occhiello. « Come sta, eccellenza? » . « Benone, grazie! E starò ancor meglio quando avrò preso il mio triplo Calvados in compagnia di quella bionda che mi aspetta laggiù, al bordo della piscina » . Impensabile.
Basta del resto scegliere a occhi bendati un volume della enciclopedia storica universale e aprirlo a caso. Non c’è capitolo, paragrafo, che non registri una qualche crisi di valori: nella polis greca, nel matriarcato cambogiano, nell’imperialismo babilonese, nel patriziato azteco, nella giustizia turca, nello spirito francescano o calvinista o maomettano... Una folla eterogenea e sterminata di valori macilenti, barcollanti, un piede nella fossa.
La spiegazione salta agli occhi: la funzione dei valori è appunto di essere in crisi, in pericolo, incessantemente minacciati, erosi, combattuti, calpestati. Se fossero indiscussi e pacifici, se nessuno mai si sognasse di metterli in questione, non sarebbero valori. Il loro significato, la loro stessa esistenza concettuale, sta nella loro precarietà, nella grama e schizofrenica vita che conducono tra l’assoluto e il Relativo, lottando disperatamente contro i molti nemici, ma sapendo che senza questi morirebbero, cercando a ogni istante di imporsi una volta per tutte, ma sapendo di doversi conservare irraggiungibili.
Chi mai, date simili condizioni, riuscirebbe a evitare quantomeno un esaurimento nervoso? C’è anzi da meravigliarsi che certi valori ( detti convenzionalmente « fondamentali » ) siano ancora tra noi, malconci e smunti quanto si vuole, ma pur sempre autosufficienti e riconoscibili, dopo un attimo, in un casuale incontro sul tram. « Ah, è lei! Mi scusi, ero un po’ distratto... » . « No, per carità, niente di male, di recente ho perso parecchi chili e poi stamattina non mi sono rasato, sa com’è » .
L’altra nostra candidata prediletta al titolo di Miss Banalità è la frase: « Siamo in un periodo di transizione » . Anche qui, una superficiale occhiata alle vicende umane degli ultimi milioni di anni ( partendo, diciamo, dalla transizione Neanderthal/ Cro- Magnon) basterebbe a far dubitare di questa sofferta formula. Ma se pure ammettiamo che una sorta di « immobilità storica » sia esistita in certe ere, in certe parti del pianeta, non di meno è difficile credere che quei remoti capitribù, quei pastori, quegli imperatori, quei monaci si dicessero ogni tanto, fregandosi le mani: « Meno male, non siamo in un periodo di transizione » . A tutti, da sempre, è toccato procedere saltellando sui carboni ardenti suoi propri, e soltanto la smisurata ottusità, l’assurda presunzione, l’incredibile egomania del nostro tempo può indurre l’ultimo venditore di angurie a ripetere sconsolato e saccente che « siamo in un periodo di transizione » .
Ma, si sa, c’è purtroppo questa generale crisi dei valori...
Sarebbe
bello un sondaggio con questo genere di quesito: «Quali sono i più tremendi luoghi comuni in circolazione?»