Londra interviene per la libertà di parola (anche offensiva)
Provvedimento negli atenei in seguito a diversi episodi di censura, spesso invocata dagli studenti
LONDRA Il governo britannico è costretto a intervenire in difesa della libertà di parola nelle università. Situazione bizzarra, all’apparenza: gli atenei dovrebbero essere palestre di dibattito, luoghi dove le idee circolano senza impedimenti o censure.
Ma nel Regno Unito le cose hanno preso da un po’ di tempo una piega differente: sempre più spesso gli studenti e i l oro rappresentanti vietano l’ingresso a oratori considerati troppo controversi. E questo in nome della salvaguardia dei « safe spaces » , gli spazi si- curi: cioè l’idea che i giovani debbano essere protetti da discorsi che potrebbero trovare offensivi.
L’ ideologia sottostante è quella di un « politicamente corretto » portato all’estremo. Ma il risultato è un clima diffuso di censura, se non di intimidazione. Ne hanno fatto le spese attivisti an ti aborto, gruppi cristiani, ma anche femministe critiche nei confronti dei movimenti transessuali : alla scrittrice Germaine Greer, per esempio, è stato impedito di parlare a Cardiff perché accusata di essere «trans fobica ». Allo stesso modo il deputato arcireazio- nario Jacob Rees- Mogg è stato cacciato dall’università di Bristol al grido di « nessuna tribuna per la feccia conservatrice » . E così al King’s College di Londra è stata negata la parola a una star di Youtube antifemminista.
Ora il governo di Londra ha detto basta. Il sottosegretario alle università, Sam Gymah, ha accusatole associazioni studentesche di« ostilità istituzionale» nei confronti di certe opinioni « fuori moda » ma perfettamente legali. E ha annunciato che le università potrebbero essere multate se negano la parola arbitrariamente :« Una società nella quale alcune persone pensano di avere il diritto di impedire a qualcuno di esprimere le sue opinioni solo perché impopolari è piuttosto raggelante » , ha detto.
È la prima volta che il governo britannico interviene sulla questione dal 1986, quando la Legge sull’educazione impose alle università il dovere di ri- spettare la libertà di parola. Ma da allora gli « spazi sicuri » , originalmente pensati per garantire che i dibattiti fossero condotti con rispetto, sono diventati un pretesto per sil enziare vedute considerate « offensive » .
Nella maggior parte dei casi, la censura è arrivata dalle organizzazioni studentesche, che sono in una certa misura indipendenti dalle università: ma i rettori hanno comunque il dovere di obbligarle a seguire le regole generali. Dunque l e autorità accademiche saranno ritenute responsabili.
« Spazi sicuri » Creati per proteggere i giovani da discorsi sgradevoli, sono diventati un pretesto