Corriere della Sera

Emma sotto choc: «Noi ci amavamo» La scritta sul petto quando era vivo

Roma, lui trovato morto a letto. Lei è indagata

- Rinaldo Frignani Ilaria Sacchetton­i

ROMA « Ci amavamo » , dice. Emma G. ripensa a certe smorfie che le fossette disegnavan­o sul viso del suo compagno e s’incupisce. Da due giorni è sotto inchiesta per la morte di Giuseppe De Vito Pisci c el li(cu gino, fatalità, di quel De Vito Piscicelli che rideva pensando agli appalti perlaric ostruzione dell’aquila ), eppure fatica a reagire. Mai si era sentita tanto sola dice, attraverso il suo avvocato, Enrico Modica .« Non volevamo lasciarci più », aggiunge. Capita, a23anni,ch el avitati assalga con le sue certezze. L’ amore. L’ eterno .« Io e Giuseppe eravamo e ci sentivamo legati » , dice. Anzi, veramente usa una parola agé: « Fidanzati » . Caparbia Emma, non riesce a considerar­e altro: « Pensavamo di trascorrer­e assieme la vita » . Ora ha solo un aggettivo per descrivers­i :« Distrutta ». Tra loro, un afre- quentaz ione di un mese e mezzo. Della frase scritta sul petto di lui con un pennarello color arancione — « Mi hai lasciata sola tutta la notte: mi vendicherò » — non dice. Sa che, in un modo o nell’altro, quel gioco rischia di tirarla a fondo. Giuseppe è stato trovato morto nel suo letto, poche ore dopo che lei lo aveva lasciato. Overdose.

Dunque quella scritta, per quanto inquietant­e appaia alla luce di ciò che è accaduto, è stata tracciata quando il giovane era ancora vivo. Nessun macabro rito perciò, semmai un indovinell­o fra innamorati, che ha forse un suo inizio in comunità, dove Emma aveva conosciuto Giuseppe a fine marzo: lui era arrivato prima nella struttura immersa in un bosco vicino al mare, a sud di Roma. Aveva già avuto altre esperienze in comunità, aveva già provato il metadone e il suo fisico non avrebbe reagito come ci si attendeva. Una sostanza che alla fine gli è stata fatale, soprattutt­o ( ipotizza il coroner) perché assunta in dose massiccia. Sempre assistito dalla famiglia, Giuseppe aveva fatto il suo ingresso in quella comunità ristretta.

Poi, qualche giorno più tardi, era arrivata lei, Emma. Lui dei Parioli, lei di Talenti. Non si erano mai visti prima, si so- no innamorati al primo sguardo. Fuori sarebbe stato perfetto, dentro — oltre a essere sconsiglia­to dagli operatori — può rivelarsi deleterio per l’approccio alla disintossi­cazione. I casi di questo tipo sono tutt’altro che rari. A volte funziona, spesso no: la coppia si rinchiude in un « bolla » , si estranea dal resto, dalla cura. E si autoconvin­ce di poter superare tutto con l’amore. Ma la dipendenza è subdola e spietata. « Solo a ripensare a Giuseppe ci viene da piangere, un ragazzo sofferente, fragile, ma anche sensibile. Era convinto di farcela. Quello che è successo ci provoca un dolore immenso » , spiegano dalla comunità. A metà aprile il giovane ha comunicato di voler andare via. « Devo uscire, ma state tranquilli: sto con lei. Siamo d’accordo, staremo sempre insieme ». Come prima nessuno era riuscito a convincerl­i a separarsi, così nessuno ce l’ ha fatta a trattenerl­i. Sono tornati a casa adistanza di due giorni l’ uno dall’ altro. E nessun oli ha più sentiti. Una parente di Giuseppe ammette: « Sembrava stare meglio » . A breve la polizia acquisirà la documentaz­ione medica nel Sert di Montesacro dove entrambi risultano iscritti. Il pm Mario Dovinola, che procede per omicidio colposo, vuole stabilire cosa prevedano le procedure sull’assunzione di metadone. Perché la vittima non l’ha consumato lì? Emma poteva portarlo fuori? Per saperlo potrebbero essere presto interrogat­i medici e personale in servizio all’inizio della settimana.

La terapia e la scelta L’incontro in comunità alla fine di marzo Poi avevano deciso di andarsene insieme

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