REDDITO DI CITTADINANZA? IL WELFARE DA RIFORMARE
« Da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni » . La società che Carlo Marx teorizza come compimento della storia, assomiglia, paradossalmente, a quella che intravedono gli imprenditori visionari che stanno per scatenare una rivoluzione tecnologica che può affrancarci dall’idea stessa del lavoro come strumento di produzione e distribuzione del reddito. Il reddito di cittadinanza ha una funzione centrale in tutte e due le prospettive e non sarà il fallimento della sperimentazione in Finlandia a ridurre la ne- cessità di inventare una rete di protezione che renda possibile all’umanità di usare il potenziale che abbiamo accumulato nelle macchine, riducendo i costi sociali chela trasformazione dei processi produttivi sta già generando.
Il reddito di cittadinanza è, in effetti, solo un nome sotto il quale va l ’ intero dibattito sulla riforma di quel Welfare che l’economista William Beveridge concepì nel 1942. Va inteso, dunque, non come una singola misura ma come rifondazione di un sistema disegnato per proteggere i lavoratori ( ad esempio, con la cassa integrazione) e legato allo stipendio ricevuto ( come per le pensioni), con l’introduzione di meccanismi di inclusione che arrivano a tutti ( anche ai giovani che nel mercato del lavoro devono entrare) e la cui entità cresce all’a umentare della condizione di difficoltà.
La fattibilità di una riforma così ambiziosa, è legata a tre parametri e su di essi si misurano le sperimentazioni che in Paesi diversi stanno cercando il meccanismo migliore.
Innanzitutto, conta l’impatto che il supporto universale ha appunto sulle « capacità » dei beneficiari. In teoria, garantire a tutti una protezione significa, come sostengono nel Nord Europa, rendere le persone libere di progettare futuro. Un’assicurazione troppo elevata e senza contropartite può, però, ridurre la propensione a cercarsi un lavoro, com’è successo in Finlandia, e spegnere quegli « spiriti animali » di cui l’uomo avrebbe bisogno per crescere.
In secondo luogo, è fondamentale che uno strumento automatico sia in grado di misurare bene il « bisogno » . Non solo perché sarebbe uno spreco aiutare chi è già ricco, ma perché i bisogni si diversificano tra città, generazioni, individui. In Kenya e in Brasile sussidi automatici raggiungono i contadini in funzione del raccolto; in Canada e negli Stati Uniti meccanismi che uniscono soldi pubblici e privati, permettono nuove avventure creative a scrittori e musicisti.
La terza considerazione è, in termini di efficienza. L’unica questione relativa al reddito di cittadinanza che in Italia si è discussa, è il costo della proposta presentata dal M5S sul bilancio dello Stato. Tale argomento verrebbe, tuttavia, superato se si assumesse che
Rifondazione
Oltre la singola misura va rifondato il sistema disegnato per proteggere i lavoratori
il reddito di cittadinanza è sostitutivo del sistema di assistenza che già c’è. Assistenza che costa all’italia, anche considerando solo l e pensioni, dieci volte di più di una misura come quella proposta in campagna el et tor al e e una percentuale del Pil superiore a quella di qualsiasi altro Paese europeo.
In realtà un sussidio automatico potrebbe, persino, far risparmiare rispetto a politiche che richiedono allo Stato competenze sofisticate. È il caso dei programmi di coesione finanziati dalla Commissione europea per lo sviluppo delle Regioni in ritardo di sviluppo: i n casi di fallimenti ripetuti, potrebbero essere sostituiti con incentivi automatici che raggiungano immediatamente i beneficiari, risparmiando i l costo di una intermediazione che ha, a volte, l’unico effetto di ritardare l’impatto.
Con il reddito di cittadinanza dovremo fare i conti, perché sono i costi sociali di un progresso non governato, la spiegazione del paradosso di una produttività che ha co- minciato a stagnare, proprio mentre abbiamo i nizi ato a imprigionare nelle macchine un enorme potenziale. Ed è per questo motivo che proposte di questo genere hanno attraversato destra e sinistra, mettendo insieme teorici del socialismo scientifico e consiglieri di Reagan. Nel futuro, tuttavia, non si entra con una singola legge o imponendo su una società in evoluzione un disegno razionale costruito su ipotesi che non valgono più. Ma attraverso un processo di sperimentazione, valutazione e apprendimento che riguarda tutti. La sfida è quella di prepararsi a un mondo nel quale le politiche di piena occupazione si separano dalla battaglia dell’inclusione e del contrasto della povertà. L’utopia di un mondo liberato dal lavoro, si trasformerebbe, però, in un incubo se immaginassimo di usare il balzo di produttività che l’intelligenza artificiale può regalarci, per fare del cittadino di una società così evoluta, il pigro fruitore di un benessere che non sarà più necessario conquistarsi.