Fotografo, imprenditore, stilista, viene da una famiglia di stretta osservanza comunista. Giuliano Ferrara è suo cugino: «Ma siamo come fratelli, conosco il suo tratto mefistofelico e la sua bontà»
Chi è
Fabrizio Ferri è nato a Roma il 3 ottobre 1952. Vive tra Milano e New York
Inizia nel 1972 come fotografo di cronaca per poi passare alla moda
Fonda a Milano il Superstudio una sorta di factory della creatività ( moda ma anche musica, cibo, arte, eventi) A d ottobre saranno sessantasei anni. È che Fabrizio Ferri è sempre Fabrizio Ferri, in spirito ( avventuriero) e presenza ( imponente). Fotografo, stilista, imprenditore, ristoratore, artista. Una vita in moto perpetuo, fra Milano, New York e Pantelleria. Ha amato tante donne. Ha avuto quattro figli, tre splendide ragazze, Marta da Barbara Frua e Matilde ed Emma da Alessandra Ferri, e ora Orso, che ha poco più di un mese, avuto con Geraldina Polverelli, la sua giovane e tosta moglie. Un colpo di fulmine in cima a una scala mobile: « L’ho vista lassù che parlava con qualcuno. Ho chiesto chi fosse, “una studiosa d’arte”, mi dissero. Non ci siamo più lasciati » . Insieme hanno aperto altri Industria Superstudio ( il format di studi di produzione avviato a Milano negli anni Ottanta e poi a New York, Downtown, nel Duemila) a Williamsburg, il quartiere cool, per metà ebreo ortodosso e per metà artistico e notturno. Dove la vita comincia, Ferri c’è sempre.
« Un figlio a 65 anni? Sono un uomo, è la mia natura. È la cosa più bella al mondo. Banale dirlo. Mi chiedo piuttosto come abbia potuto fare mia moglie un figlio con me » . Per via dell’uragano Ferri? « Se tu guardi un uragano da terra è impressionante, se lo osservi dal cielo è una delle cose più belle che tu possa vedere, di una calma incredibile, come un valzer » . Per chi sta giù, però... « È vero ma i cambiamenti della vita, piacevoli e non, vanno visti dal satellite » . Il « per sempre » mai, allora? « Non mi sono mai posto il problema. Noi non costruiamo il nostro futuro, ma scriviamo la nostra vita con il passato. Così è importante il comportamento, e parlare di etica e di filosofia per la nostra accezione di responsabilità nel costruire qualcosa che resti. Ho avuto più compagne, però anche queste donne hanno avuto me e anche altri amori. Penso che “ci siamo avuti” e poi abbiamo preso strade diverse. La vita non la si cambia, è sempre la stessa, è lei la nostra compagna. E va rispettata e vissuta con coraggio e fermezza. Questa è l’unica cosa da dire » . La sua, di vita, le piace? « Molto. Ne combino sempre una più del diavolo ma oggi con maggior serenità » .
La felicità per lei è? « Penso sia riconoscere e accettare la straordinarietà, le cose fuori dall’ordinario che ci arrivano addosso e ci portano al confronto. L’equilibrio? Baggianate » . Anima sempre a sinistra? « Sempre. Il problema è che una volta lo dicevi e aveva un senso. Oggi non capisci più nulla » . Anche al di là dell’oceano? « La distanza dà più che altro conforto, perché vedi le cose senza doverle condividere con quell’odioso ingrediente che è il lamento. A che titolo potrei lamentarmi da lontano? Però continuo a pensare che l’italia sia il Paese più bello al mondo e che non sia di noi italiani ma patrimonio di tutti. Potrebbe essere questa la nostra forza. Anche per emanciparci da un Europa che ci costringe troppo » .
Perché allora ha scelto di vivere in America? « Nei primi anni Duemila in Italia cominciavano a manifestarsi quelle chiusure strumentali sugli immigrati. Un sentimento razzista che non condividevo. Volevo che i miei ragazzi crescessero in un posto dove questo problema non c’era: New York con la sua mescolanza di razze mi sembrava perfetta » . Ma le sue figlie sono poi tornate in Europa: « Certo, ma con una consapevolezza diversa e una sensibilità più aperta » . E suo cugino Giuliano ( Ferrara)?
Di nuovo nella moda, dopo parecchio, con una delle sue campagne- verità per Oviesse: testimonial ( in questo caso Bianca Balti) senza un filo di trucco. Dentro e fuori, sempre. Impressioni? « La moda sta attraversando un momento di grande decadenza e regressione ed è curioso perché dovrebbe essere sempre una delle cose che trainano il costume, la società, l’economia. I magazine sono in crisi e spesso ci chiedono di lavorare quasi gratis e di trovare il modo per poter migrare su Internet. Non può funzionare così. Bisogna trovare prima il linguaggio adatto. Per cui hai un problema. Che si riflette sulla natura e sulla vita stessa della fotografia, la quale si sta spegnendo come cibo per i giornali e sta invece attraversando un momento di forza come arte. Poi c’è anche quel maledetto trend, un grande preservativo che nasconde ed evita le contaminazioni e impedisce di raccontare, a noi e a loro: i desi-