Bottura: «Sognare e studiare molto: ecco la mia lezione di vita»
Lo chef modenese tra i relatori che hanno raccontato le eccellenze «food» in Italia alla Luiss di Roma
Quando Massimo Bottura racconta del suo sogno contrastato (e i ncompreso) di diventare cuoco, gli studenti spalancano gli occhi: non sembra possibile che per quello che diventerà uno dei più celebri chef del mondo, la vita all’inizio non sia stata facile. « Venivo da una famiglia di imprenditori, ultimo di quattro figli, mio padre — ricorda — voleva che diventassi avvocato, tutti contrari al fatto che potessi diventare cuoco, mia madre è stata la mia unica alleata » . Ce l’ha fatta. « Ma bisogna studiare ogni giorno, non fermarsi né accontentarsi mai, e poi servono passione e tanta cultura » . E « continuare a migliorarsi sempre » .
E lo stesso ripetono e consigliano tutti i protagonisti della seconda edizione di « Appuntamenti con l’ingegno » , gli incontri con le eccellenze del Made in I t aly organizzati all’ università Luiss di Roma, ideati dal rettore Paola Severino con il Comitato Leonardo. Dopo la moda, stavolta il tema è « Il cibo di qualità: i motivi del successo italiano » e a raccontare le storie delle proprie aziende sono stati imprenditori come Gian Domenico Auricchio, ad di Gennaro Auricchio Spa; Francesco Paolo Fulci, presidente di Ferrero Spa; Lisa Ferrarini, presidente del Gruppo Agroalimentare Ferrarini; Giuseppe Lavazza, vicepresidente di Lavazza Spa; Luigi Serra, presidente di Serra Industria Dolciaria. Il food italiano, spiega il rettore Severino, « è in continuo fermento e questo dinamismo è contagioso, anche per la nostra università, la sfida è quella di formare nuovi professionisti » . Perciò l’università ha lanciato un master in Food Law. Basti pensare che, nonostante la crisi, la produzione alimentare italiana nel 2017 ha segnato un aumento del 2,6% con un + 7% nelle esportazioni. Ecco perché il comparto agro- alimentare è un’eccellenza del Paese da far conoscere, studiare e raccontare.
Testimonianze e ricordi, anche molto familiari: dalle prime pubblicità del caffè Lavazza con i « briefing in piemontese tra Emi- lio Lavazza e Armando Testa » , r acconta Giuseppe Lavazza; o quella « salumeria milanese dove mio padre ebbe l’idea del prosciutto cotto senza polifosfati » , sorride Lisa Ferrarini; e poi Michele Ferrero che « comprò in Germania 48 macchine per fare le uova di cioccolato » , ricorda Francesco Paolo Fulci, che alla Ferrero doveva stare solo un anno e poi è rimasto tutta la vita. « Sono storie di imprese familiari — dice Severino — che lasciano un segno e però guardano avanti, a dimostrazione che il family business non va perduto e anzi è ancora un modello fortemente positivo dell’economia italiana » .