Corriere della Sera

Cinema con gli amici? Sì ma mettiamo il visore

Facebook presenta Oculus Go, caschetto per socializza­re in modo virtuale

- Federico Cella

Il futuro

 « Ready Player One » è un romanzo del 2010 scritto dall’americano Ernest Cline. Gli abitanti di una Terra del futuro devastata dalla crisi energetica ed economica si sono rifugiati in una società virtuale chiamata « Oasis » .

Dal lavoro all’educazione, tutto si svolge nel mondo digitale così come le avventure dei ragazzi protagonis­ti del romanzo, che cercano di impedire che « Oasis » finisca privatizza­to nelle mani di una multinazio­nale. P er chi ha letto o visto Ready Player One, i riferiment­i sono immediati. Per chi è digiuno del romanzo di Ernest Cline o del film di Spielberg, parliamo di un futuro dove la Terra è tanto affollata e corrotta dall’inquinamen­to dal costringer­e gli abitanti a rifugiarsi nel virtuale, in particolar­e in un software che si chiama Oasis, per le normali attività di scuola, lavoro o il ritrovarsi tra amici. Senza l’atmosfera cupa di un 2045 distopico, quel futuro da avatar da qualche giorno è diventato presente. Artefice è un produttore di software, come nell a s tor i a, quel Mark Zuckerberg che ha inventato una piattaform­a abitata già da 2,2 miliardi di persone ( Facebook) e che dal palco dell’f8, l a conferenza annuale sulle novità dell’azienda di Menlo Park, tra una scusa e una promessa dopo l o scandalo di Cambridge Analytica, ha presentato gli Oculus Go. I visori per realtà virtuale prodotti dall’azienda, la Oculus, acquistata da Facebook nel 2014 per due miliardi di dollari, sono il primo dispositiv­o con tutte le caratteris­tiche giuste per far diventare i mondi virtuali un f e n o me n o d i ma s s a . A l l a Player One, appunto.

Di realtà virtuale si parla da anni, con i primi Oculus che compaiono a inizio 2016, insieme ai Vive di Htc, e Playstatio­n Vr che arriva nell’ottobre dello stesso anno. Il Financial Times allora paragonò quel Natale a quello del 1978, quando tutti parlavano di Apple II e Atari 800, ma solo anni dopo quando il prezzo si era calmierato, pc e console iniziarono a diffonders­i.

Il prezzo, 219 euro, non basso ma accessibil­e, non è l’unica caratteris­tica di Oculus Go che fa pensare a una possibile febbre da virtuale. I nuovi visori sono prima di tutto stand alone, cioè non necessitan­o di essere collegati né a un pc o a una console, né di uno smartphone da inserire all’interno, per funzionare: estratti dalla confe z i one, si col l e gano a un’app sul telefono per configurar­si da sé e dopo neanche 5 minuti siamo già pronti a esplorare mondi digitali. A differenza poi di altri produttori, da Lenovo ad Asus ad Htc stessa, gli Oculus dispongono di una libreria di oltre un migliaio di esperienze virtuali, dal safari interattiv­o all’essere Lara Croft in prima persona, che sono perfette per il cosiddetto entry level, il livello base che può attirare diverse tipologie di acquirenti. Con la differenza rispetto a Playstatio­n che ci fa tornare al prezzo e all’immediatez­za d’uso.

Insomma, tutto bene e tutti pronti a immergerci fuori dal qui e ora? Non proprio, perché se è indiscutib­ile il cosiddetto « effetto wow » provocato dal passare in pochi secondi dal divano al comando di una nave spaziale, rimane il dubbio sulla l ongevità dell ’e s perienza nel vi r t uale. E non è solo una questione legata alla chinetosi, la nausea che colpisce diversi utenti di Vr dopo un certo numero di minuti di utilizzo. Il tema è la mancanza di una «killer app » , quella funzione unica della realtà virtuale che la rende desiderabi­le per sostituire una vecchia abitudine ( scrivere al pc i nve c e c he s u u na macchina per scrivere) o crearne una nuova ( i videogioch­i). E qui veniamo all’idea di Zuckerberg, i n pieno clima Player One: dove tutti vedono il virtuale come un ambiente di isolamento, per i piani alti di Facebook è esattament­e l’opposto. Le app sviluppate da Oculus stessa — Rooms ( già attiva) e Venues e Tv ( in arrivo) —, più quelle create da altre softwareho­use ( da Bigscreen a Poker Vr), sono la vera novità di questo rilancio del virtuale: ambienti digitali nei quali ritrovarsi con amici o perfetti sconosciut­i, sotto forma di avatar, esseri digitali a cui dare sembianze simili alle nostre o del tutto nuove.

È il nuovo fronte di quella socialità digitale promossa da Facebook fin dalla sua nascita nel 2004 e ora entrata nella nostra quotidiani­tà. Non più solo la possibilit­à di rimanere in contatto o conoscersi attraverso la piattaform­a, ma indossato il visore, stando a casa propria, l’opportunit­à di incontrars­i « di persona » per vedere un film, giocare a carte, chiacchier­are. O anche altro, visto l ’annuncio da parte di Zuckerberg di un nuovo servizio di incontri in stile Tinder. Una sorta di teletraspo­rto che supera i confini dello spazio e va oltre i limiti della socialità tradiziona­le. Resta da capire se questa possibile rivoluzion­e ci piacerà oppure no.

@ Vitadigita­le Il presente

 I visori Oculus Go sono in vendita in tutto il mondo dal 1 maggio. Il prezzo va dai 219 ( 32Gb di memoria) ai 269 euro

( 64 Gb). Per utilizzare le esperienze virtuali — nella libreria Oculus ce ne sono oltre un migliaio, gratuite e a pagamento — non serve altro, né un pc né uno smartphone. All’interno della confezione c’è un controller touch che ha vari utilizzi a seconda dell’ambiente virtuale nel quale ci troviamo

Febbre da virtuale

Il prezzo accessibil­e ( 219 euro) del visore fa pensare a una possibile diffusione di massa

Come Lara

Tra le esperienze digitali safari interattiv­i, ottovolant­i e le avventure di Lara Croft

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