Corriere della Sera

Geniale, appassiona­to (e vero) Il Caravaggio di Milo Manara

La collana Da oggi in edicola con il quotidiano la prima uscita della serie dedicata al disegnator­e Un maestro dei fumetti racconta uno dei grandi pittori da lui più venerati Che vive nella Roma del Seicento ma qui ha il volto di Andrea Pazienza

- Di Stefano Bucci

L a galleria dei suoi autoritrat­ti non è affollatis­sima, come si conviene a un genio assoluto, ma anche misterioso: la testa (mozzata) del Golia della Galleria Borghese di Roma; il Ponzio Pilato dell’ecce Homo di Palazzo Bianco a Genova; il profilo di giovane uomo che spunta dal buio della Cattura di Cristo della National GallerydiD­ub lino e quello del Martirio di San Matteo a San Luigi dei Francesi.

Per immaginars­i Michelange­lo Merisi detto il Caravaggio ( 1571- 1610), il maestro della Madonna dei Palafrenie­ri e delle Sette Opere di Misericord­ia, meglio guardare a chi ( con successo) ha già provato a raccontarc­elo: il Caravaggio sceneggiat­o in tre puntate per la Rai, Gian Maria Volontè come protagonis­ta ( 1967, regia di Silverio Blasi); quello( affascinan­te e tormentato) del film di Derek Jarman ( 1986); quello ( vivace e inquieto) del libro di Helen Langdon ( pub- blicato da Sellerio nel 2001).

Il Caravaggio immaginato da Milo Manara, un progetto c he a ve va pre s o co r po nel 2005 con la pubblicazi­one per Panini Comics della graphic novel a colori Caravaggio. La Tavolozza e la Spada che ora inaugura la nuova collana del « Corriere » dedicata a uno dei grandi del fumetto, è certo un Caravaggio diverso da tutti gli altri. A cominciare dai tratti del volto, evidenteme­nte modellati su quelli di Andrea Pazienza ( 1956- 1988), i l poeta dei cartoon. Il motivo, Manara ( Luson, Bolzano, 1 945) l ’ ha spiegato più volte: « Oggi Caravaggio se fosse tra noi non farebbe il pittore: probabilme­nte farebbe cinema, perché lui è sostanzial­mente un narratore. Se dovessi indicare un nuovo Caravaggio, non lo i ndicherei nella pittura ma proprio nei fumetti. L’ho voluto ritrarre con il volto di Andrea non solo per il suo straordina­rio talento, ma perché Pazienza come Caravaggio era un uomo d’azione, che ha vissuto una vita dinamica, avventuros­a, dall’esito tragico » .

Nella Tavolozza e la Spada viene narrata la vita del geniale pittore italiano, dal suo arrivo a Roma alla fine del Cinquecent­o fino alla rocamboles­ca fuga dalla capitale: le tavole di Manara ne raccontano in particolar­e l’arte e le opere, ma anche la passione e gli ecces s i . Un i nnamoramen­to, quello di Manara, che arriva da l ontano, dalla gioventù: « Molti anni fa, agli esami di maturità artistica, il professore picchiettò con l’indice sulla copertina del libro di storia dell’arte dicendomi: “Mi parli di questo”. Sulla copertina c’ era la vostra Canestra di frutta. Beh, feci un figurone: sapevo tutto di Voi. Almeno tutto quello che uno studente poteva sapere, a quei tempi. Ho sempre avuto un’autentica venerazion­e, per Voi. E poi c’era quella faccenda delle iniziali: vedete, Maestro, io ho le Vostre stesse iniziali » .

Secondo il classiciss­imo Nicolas Poussin, il pittore filosofo del Trionfo di Flora ( 1631) e di tanti aulici Paesaggi affollati di dei e ninfe, Caravaggio sarebbe venuto al mondo addirittur­a per distrugger­e la pittura. Una teoria che Manara non condivide, come testimonia­no le sue tavole costellate, certo di donne bellissime e spesso poco vestite, ma anche di citazioni di Raffaello, Paolo Veronese, Picasso, de Chirico e naturalmen­te Caravaggio. Cercando di restare, sia pure con qualche licenza poetica, il più possibile vicino alle fonti della vicenda del pittore seicentesc­o. E, come aveva affermato Claudio Strinati, « assumendo in questa narrazione disegnata un senso profondo che va molto oltre la verosimigl­ianza storica, per entrare nei meandri di un’idea della Verità che per molti versi è proprio quella che fu del Caravaggio » .

Nella sua mole di opere decisament­e consistent­e ( come aveva testimonia­to la mostra Nel segno di Manara chiusa lo scorso gennaio al Palazzo Pallavicin­i di Bologna), resa possibile dalla grande velocità di esecuzione, Manara ha inanellato una lunga serie di storie, oltre ad un’infinità di altre pagine, spesso sceneggiat­e da autori tra cui Alejandro Jodorowski­j, Vincenzo Cerami e Hugo Pratt, Federico Fellini. Sempre, però, con un segno inconfondi­bile. Perché Milo Manara è autore colto, competente, più che mai attento a rispettare, nel caso del Caravaggio, il proprio idolo artisti- co nella sua trasposizi­one. Un Caravaggio, con il volto di Andrea Pazienza, disegnato magni f i ca mente, nar r a to con passione e i ntelligenz­a: dal punto di vista squisitame­nte grafico.

Un’opera sontuosa che offre la rappresent­azione della Roma del Seicento, vera protagonis­ta con Caravaggio della storia. Ma soprattutt­o, il libro trabocca adorazione delle opere caravagges­che, e grande empatia con l’autore. Notevole è l’attenzione nel riproporre capolavori i mmortali come Il Martirio di San Matteo, Giuditta e Oloferne o la Morte della Vergine, ridisegnat­i a mano da Manara senza l’ausilio di supporti fotografic­i. Ma la vera magia è forse la capacità di restituire l’incanto plastico e la tensione sensuale che traboccano dalle tele del Caravaggio.

Il ricordo da studente « Molti anni fa, alla maturità, il professore mi mostrò una foto: era la Canestra di frutta »

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Michelange­lo Merisi detto il Caravaggio ( 1571- 1610) in una delle tavole della graphic novel La Tavolozza e la Spada disegnata da Milo Manara
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Milo Manara ( Luson, Bolzano, 1945: foto di Fabio Bozzani)

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