Il messaggio di Gerusalemme vestita di rosa e ricca di orgoglio
GERUSALEMME Guy Niv veniva al mondo i n Galilea mentre il suo Stato compiva quarantasei anni. Adesso che ne ha 24 ( e Israele 70) se ne sta lì, imbambolato davanti alla folla di Safra Square, giovane profeta del ciclismo con la donna dei desideri da una parte, la super- modella connazionale Bar Rafaeli, e il trofeo dei sogni dall’altra: « Sono cresciuto guardando il Giro d’italia. Oggi corro il Giro d’italia. Quasi mi mancano le parole. Definirla una favola è poco... » .
Sa tutto di storia contemporanea in avanzamento veloce in questa Gerusalemme rovente e vestita di rosa, dalle primule delle aiuole alla segnaletica ad uso e consumo dei corridori, transennata per chilometri e congestionata dal traffico dopo la chiusura dei 9.700 metri d’asfalto della crono di oggi. Perché sì, è tutto vero: il Giro scatta sotto le mura antiche, specchiandosi nella bellezza architettonica della Cupola della Roccia, grazie alla visione diSyl van Adams, imprenditore canadese di origini israeliane, il primo a proporre al primo ministro Benjamin Netanyahu la corsa rosa come regalo per i settant’anni del Paese. Il ciclismo in ragione del business e magari, un giorno, come balsamo taumaturgico perle pene di un luogo tormentato, ma anche perfetto per le due ruote. « Sono felice che una potenziale audience di un milione di persone possa vedere i panorami della mia terra
- sorride in mondovisione sua
bionditudine Bar Refaeli, appena s barcata da un atol l o delle Maldive -. Succede così raramente di parlare di Israele come meta turistica o sede di un grande evento sportivo. Spero che il Giro possa davvero cambiare la percezione del mondo nei nostri confronti » .
I l messa g g i o d i Ger u s a - lemme, Haifa, Tel Aviv, Be’er Sheva e Eilat che pedalano per tre tappe prima del ritorno in patria, tra le zagare di una Sicilia in fiore ( da martedì, dopo il giorno di riposo che servirà a trasferire la carovana su quattro voli charter), sarà più potente di qualsiasi accordo diplomatico. Nell’anomalia di un fazzoletto triangolare impregnato di religiosità e rabbia atavica c’è forse una normalità, che la Israel Cycling Academy dell’ex soldato Guy Niv vuole incarnare, su cui si può ( perlomeno) immaginare di costruire un futuro di pace. « Solo pochi anni fa tutto questo sarebbe stato impensabile » trasecola Ran Margaliot, manager 30enne del team locale che ha la missione di traghettare un manipolo di corridori ( c’è anche l’italiano Kristi an Sbaragli) f i no al l a Vuelta 2019 e al Tour 2020. Il primo velodromo del Medio Oriente è appena stato inaugurato a Tel Aviv ( sempre grazie ai soldi di Adams), la cultura della bici muove i primi passi con autorevolezza: « Serve un salto di coscienza. Ci aspetta un’impresa simile a quella di Davide contro Golia » chiosa Margaliot con una citazione biblica.
Il Jerusalem Post in prima pagina parla di orgoglio, ed è lo stesso sentimento che anima un Giro d’italia mai così intrepido e pionieristico, che al di là dello stratosferico budget per 406 dei suoi 3.562,9 km di corsa ( si parla di 12/ 15 milioni di dollari messi sul piatto da mister Adams: difficile dire di no) piazza la bandierina sulla prima partenza extra europea di una grande corsa, alla faccia dei cuginastri del Tour e degli amici della Vuelta, verdi d’invidia.
Gli occhi scuri di Fabio Sabatini, toscano di Pescia e ve- terano della Quick Step, oggi alle 13.50 locali saranno i primi a fissare la telecamera ( 67 disseminate lungo il percorso della crono solo per garantire la si curezza) da sotto i l caschetto aerodinamico. Tom Dumoulin, campione in carica olandese con seri propositi di fare il bis, chiuderà la conta dei 176 girini alle 16,45 quando allo shabbat, la festa del riposo ebraico, mancherà poco. Un’ora prima del tramonto dalle colline di Gerusalemme si alzerà il suono di un corno. Il Giro 2018, scelta la sua prima storica maglia rosa, starà già pedalando altrove, a nord, verso la città portuale di Haifa, sede di partenza della seconda tappa israeliana. Perché l a storia, questa storia, non aspetta nessuno.