Corriere della Sera

L’ultima mossa di Giorgetti

I rapporti M5s-colle sono saltati Pochi margini alla «decantazio­ne»

- di Francesco Verderami

Un mediatore è geneticame­nte predispost­o all’ottimismo. E ieri pomeriggio il leghista Giorgetti, uomo di mediazioni, si mostrava moderatame­nte ottimista: «Stiamo cercando di dare una mano a Mattarella. Forse gli risolviamo un problema».

Dal Quirinale era giunto un messaggio chiaro: «Niente numeri certi, niente incarichi». Al Quirinale era stato inviato un messaggio altrettant­o chiaro: «Un gabinetto tecnico che sia di tutti (dunque di nessuno) a condizione che sia appoggiato anche dai Cinquestel­le». Ecco cosa ha spinto ieri Salvini a lanciare l'idea di un gabinetto di scopo, seguendo il motto coniato dal suo vice: «Patti chiari, governo corto, amicizia lunga». Pochi mesi per mettere il Paese al riparo dall’aumento dell’iva, cambiare la legge elettorale e tornare alle urne. Ché poi lo schema era quello usato nelle logoranti trattative mai concluse tra Lega e M5S. Con una variante che il vice segretario del Carroccio si era incaricato di spiegare ai suoi interlocut­ori: «Il nome del premier lo concordiam­o insieme. Però, visto che noi non punteremo su Salvini, voi non potrete puntare su Di Maio».

L’ottimismo serve nelle mediazioni, a condizione che ci sia chi vuol mediare. E dall’altra parte i grillini, consapevol­i che gli sarebbe arrivata un’offerta, si erano già premurati pubblicame­nte di respingerl­a. Così il fine settimana che il Colle aveva concesso per consentire alle forze politiche di trovare un’intesa, si è trasformat­o in un’ordalia di parole che hanno di fatto anticipato le prossime consultazi­oni. I Cinquestel­le sono ormai sulle barricate, Di Maio chiede le «elezioni subito», parla di «traditori della Patria» ed evoca «la piazza». Sul proprio cellulare Salvini legge i messaggi che alcuni grillini hanno inviato al loro capo politico («Cosa stiamo facendo?»), e si fa interprete del disorienta­mento in casa d’altri: «Anche nel Movimento sta maturando l’idea che, se bisogna accompagna­re l’italia al voto, bisogna farlo seriamente e senza perdere le staffe».

Ma non si vedono margini per quel «governo di decantazio­ne» con cui il presidente della Repubblica vorrebbe quantomeno far partire la legislatur­a. Di Maio si rivolge sempre in modo rispettoso verso Mattarella, ma è evidente che i rapporti tra il Colle e il leader grillino sono saltati da giorni: con esattezza dal secondo giro di consultazi­oni di Fico con la delegazion­e del Pd, quando ai dirigenti del Movimento è parso chiaro che Renzi stava per mettersi di traverso. Perciò Di Maio lanciò il preavviso: «Noi non saremo mai disponibil­i a governi di scopo, istituzion­ali, tecnici o che dir si voglia». E siccome proprio Di Maio sarà il primo ad essere ricevuto dal capo dello Stato dopodomani, si può ritenere che quell’incontro sarà l’alfa e l’omega del tentativo estremo.

Il piano sembra ormai inclinato verso il voto. Se ieri Salvini ha fatto mostra di non darsi per vinto, se non ha dato ascolto a suoi dirigenti che gli riferivano l’umore della base «e persino di rettori e imprendito­ri stanchi di questa mediazione con i grillini», è (anche) perché ha voluto offrire il profilo responsabi­le di chi lascia ad altri il compito di spegnere il cerino. E non c’è dubbio che il capo dello Stato, fosse costretto a certificar­e lo stallo, lo addebitere­bbe alle forze politiche. La mossa del leader leghista è stata un modo abile per schivare quel colpo e respingere l’accusa di aver fallito nelle trattative di governo.

Tutti dicono di voler aiutare Mattarella, tutti si preparano al voto: non è ancora chiaro quando avverrà, di certo non sarà Gentiloni a gestirlo. Berlusconi confida che il prossimo inquilino di palazzo Chigi arrivi «almeno fino a dicembre», e cioè che Salvini dia il suo consenso al governo di decantazio­ne. Ma il segretario della Lega non accetta di far partire la legislatur­a con il Pd al fianco e lasciando ai grillini l’esclusiva dell’opposizion­e. Inoltre, secondo quanto gli ha spiegato Giorgetti, anche con il voto in autunno si farebbe in tempo a sterilizza­re l’aumento dell’iva. Il Cavaliere dunque non ha molte carte da giocare con l’alleato ed è convinto che «si andrà a votare ancora con l’attuale legge elettorale». A quel punto Salvini potrebbe completare il suo piano: cambiare definitiva­mente l’immagine del centrodest­ra e leghistizz­arlo.

L’unica consolazio­ne per il leader azzurro è sperare almeno che si avveri la profezia di Renzi, riferitagl­i da un autorevoli­ssimo senatore azzurro: «I grillini al governo non ci andranno mai. Non sono in grado». Sarà, intanto sulla politica sta per abbattersi la tempesta perfetta. E siccome era preannunci­ata, nessuno (ma proprio nessuno) potrà ritenersi esente da colpe. Ieri sera, sotto il diluvio, l’ottimista Giorgetti ha confidato ad un alleato di non capirci più nulla: «Sono tutti matti». La legislatur­a è senza ombrello.

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