Il grattacielo «a pezzi» Così con Michelucci Livorno salì di quota
Decostruito
Il grattacielo di piazza Matteotti a Livorno è alto 96 metri. Fu completato nel 1966. La torre è articolata in cinque diversi corpi con appartamenti di differenti dimensioni che si affacciano su più lati
Il grande grattacielo non è mai lo stesso. Basta camminare seguendo l’itinerario ottagonale del basamento, ed ecco che le cinque torri disegnano realtà variabili. Sarà uno dei tanti scherzi del libeccio? A Livorno il vento soffia imponente e fa vibrare e oscillare quel palazzone che in piazza Matteotti, crocevia del centro cittadino (anch’esso variabile perché composto da più elementi), trionfa nell’opulenza dei suoi 96 metri e 26 piani. No, la mutevolezza architettonica dell’opera di Giovanni Michelucci — il grande architetto della stazione di Santa Maria Novella a Firenze e della chiesa dell’autostrada del Sole — è qualcosa di intrinseco, progettata guardando al passato, alle case torri medievali, con un occhio al futuro di una possibile integrazione abitativa. Già, l’integrazione. Michelucci progettò il grattacielo, su commissione del ministero del Tesoro, per realizzare un paese in verticale di oltre 120 appartamenti, capace di ospitare 500 persone, di ogni ceto sociale. Decise di creare alloggi di ogni L'architetto Giovanni dimensione, Michelucci (1891 – 1990) perché tutti è stato uno dei maggiori avrebbero potuto progettisti italiani del XX assaporare la secolo. Tra i suoi edifici, la magia di quella stazione di Firenze Santa architettura e di Maria Novella e la chiesa quel paesaggio. dell’autostrada del Sole Che spazia su più
lati, regalando magie panoramiche a chi ama le bellezze delle colline toscane a est, delle montagne di Michelangelo (le Apuane) a nord e del Tirreno che si confonde a ovest con il Mar Ligure. E da lassù sembra davvero che il panorama del buon Dio accolga quell’opera architettonica muovendo dalle finestre più alte le navi e i traghetti del porto mediceo e disegnando le isole dell’arcipelago toscano e non solo loro. Dopo 62 anni dall’inizio dei lavori e 52 dal loro sofferto completamento, il faro di Livorno continua ad emanare bellezza e a illuminare la discussione. È una delle opere meno conosciute di Michelucci e avveniristiche. «È unico ed eccezionale il grattacielo di Livorno — spiega Andrea Aleardi, direttore della Fondazione Michelucci — supera gli schemi dei grattacieli del tempo, orientati al modello americano del prisma di cristallo. L’autore fa un’operazione di decostruzione, smonta il suo grattacielo in diversi pezzi, non vuole una scultura ma un’opera orientata al paesaggio. Nasce una sperimentazione decostruzionista, unica, riscoperta e rivalutata anche a livello internazionale».