Governo difficile, ma si tratta
Domani le ultime consultazioni. Senza accordo politico, l’ipotesi del voto in ottobre Contatti con Salvini, Di Maio valuta il passo indietro. I timori del Colle
Sergio Mattarella sarebbe rassegnato a uno scenario che contempli il voto in ottobre: dopo le consultazioni di domani partirà il tentativo di formare un «governo di tregua». Nelle ultime 48 ore Lega e 5S hanno ripreso i contatti. Stasera cena tra Berlusconi, Salvini e Meloni.
In queste ore nei palazzi della politica la frase più pronunciata è «governo di tregua», ovvero un esecutivo guidato da una personalità di alto profilo, scelta dal presidente Sergio Mattarella, che riesca a mettere insieme l’arco parlamentare o gran parte di esso. Ma chi ci sta a sostenere una formula del genere? Non nascondono il loro gradimento a questa soluzione tre personalità come Silvio Berlusconi, Dario Franceschini e Maurizio Martina.
Sotto traccia il leader azzurro spera nella «tregua» anche perché vorrebbe scongiurare il ritorno alle urne. Il ministro della Cultura uscente è invece convinto che quella appena iniziata sia «la legislatura della svolta» e di conseguenza sia necessario «un governo che riscriva le regole per poi tornare al voto». Non dissimile il ragionamento che fa l’attuale reggente Martina, il quale, dopo aver caldeggiato il dialogo con il Movimento 5 Stelle, apre al «governo di tregua».
Attraversando il Transadegli tlantico in tanti si riconoscono su questa posizione. Bruno Tabacci, per esempio, parlamentare di Centro democratico che oggi siede nel Misto, si affida al capo dello Stato: «Il problema della tregua si pone dopo l’orrenda commedia di questi 60 giorni. Cos’altro si può fare? Fino a oggi i veti e i controveti, le ripicche e le controripicche, hanno dimostrato la qualità attuali vincitori e del sistema politico. Mattarella è l’ultima risorsa. Io sono favorevole al fatto che il presidente della Repubblica assuma una posizione forte».
Ancora più possibilista il Labdem Cesare Damiano: «In questa crisi difficile io sto con Mattarella che sta svolgendo un lavoro difficile. Purtroppo fino a oggi i veti incrociati e le uscite a gamba tesa di come quella di Renzi compromettono il suo lavoro. Quindi, esaurito il primo tentativo, non avviato il secondo PD-M5S, se il Colle proponesse il governo di tregua sarebbe probabilmente l’unica soluzione che rimane».
L’orlandiana Anna Rossomando, vicepresidente del Senato in quota Partito democratico, si mostra prudente: «Bisogna aspettare le conseguenze che trae Mattarella. Ma in questa fase è necessario che tutti diano il loro contributo». Eppure all’interno del centrosinistra ci sono anche posizioni più nitide come quella del socialista Riccardo Nencini. «Se governo di tregua significa un esecutivo guidato da un terzo che si occupi da una parte della riforma costituzionale e dall’altra delle legge elettorale potrei starci».
Fra le truppe di Berlusconi Gaetano Quagliariello, nel 2013 uno dei saggi di Giorgio Napolitano, è fra i più «aperturisti» ma lo chiamerebbe «governo del buon senso, non di tregua». Anche perché, spiega, «in questo momento all’interno serve un governo e in secondo luogo se si tornasse a votare nessuno può escludere di ritrovarsi nuovamente in una situazione di stallo».
Chi ha le idee chiare è il democristiano di lungo corso Paolo Pomicino che la pensa così: ««Nella Prima Repubblica la tregua era l’accettazione di un’alleanza. Oggi invece la tregua è la sostituzione della politica».
La critica Il problema della tregua si pone dopo l’orrenda commedia di questi 60 giorni Cos’altro si può fare? Fino a oggi i veti e i controveti hanno mostrato la qualità degli attuali vincitori Non resta che Mattarella Bruno Tabacci