Corriere della Sera

«Sì a un esecutivo del presidente»

Il segretario reggente del Pd: «Sì a un governo del presidente»

- di Alessandro Trocino

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I l tempo della propaganda è finito. Ora serve un atto di responsabi­lità di tutti. Nessuno si può chiamare fuori: il segretario reggente del Pd, Maurizio Martina, in un’intervista al Corriere, invita le forze politiche a supportare il presidente Sergio Mattarella.

ROMA «Il tempo della propaganda è finito. Ora serve un atto di responsabi­lità di tutti. Nessuno si può chiamare fuori. Noi siamo pronti a supportare l’azione del presidente della Repubblica: il Pd non farà mancare il suo contributo». Maurizio Martina, segretario reggente del Pd, analizza la situazione, dal partito appena uscito da una difficile Direzione alle nuove consultazi­oni.

Esclude governi politici?

«Per noi è impossibil­e immaginare sostegni a governi politici con Berlusconi, Salvini o Meloni, ma ormai anche con i 5 Stelle e con leadership di partiti a noi avversari. Siamo invece disponibil­i a fare la nostra parte per una soluzione istituzion­ale, chiedendo a tutti di fare la loro».

E se Lega e 5 Stelle si tirassero fuori?

«Non voglio immaginare scenari, ora è il tempo della responsabi­lità. Soprattutt­o da parte di chi ha cantato vittoria. Non è più tempo di giocare a tatticismi esasperati».

C’è chi teme che i renziani vogliano un accordo con il centrodest­ra, mascherato da governo istituzion­ale.

«No, il Pd ragionerà unitariame­nte. Ci muoveremo e non certo in direzione di governi di parte».

Ma un governo del presidente per fare cosa?

«Mentre qualcuno parla contro l’europa, siamo nel mezzo del confronto per il rilancio dell’eurozona e quello è il posto dell’italia. Bisognerà affrontare poi il blocco dell’aumento dell’iva, la legge di Stabilità e prima ancora il Def. Per far questo ci vuole un governo in piena carica».

Governo a tempo o di legislatur­a?

«Credo che nel caso di soluzioni così, l’esecutivo debba avere un mandato preciso su alcuni temi fondamenta­li. E quindi difficile che sia di legislatur­a».

Ne farà parte anche una nuova legge elettorale?

«Se si potrà aprire un confronto anche sulla legge elettorale, non ci sottrarrem­o».

L’impression­e è che dalla direzione sia uscita un’immagine di falsa unità.

«La nostra direzione è stata un momento vero, di confronto. So bene che è stato un passaggio delicato e non mi nascondo che la sfida dell’unità vada confermata ogni giorno. Non mi stancherò mai di lavorare per la collegiali­tà e il rilancio del Pd».

Renzi l’ha sfiduciata in tv, sul dialogo con i 5 Stelle.

«Voglio ricordare che quel tentativo era frutto di un mandato preciso. E penso ancora che fosse giusto sfidare al confronto i 5 Stelle sul terreno del cambiament­o. Non era una resa, ma un rilancio. Ora quel passaggio si è esaurito e siamo in un altro scenario».

Renzi si è detto orgoglioso di aver fatto fallire l’accordo e Franceschi­ni ha giudicato quest’analisi «superficia­le».

«Guardi, sono rimasto sorpreso quando ho sentito dire che il confronto sarebbe stato una corsa alle poltrone. Non scherziamo. Usare queste parole è sbagliato».

Veltroni ha detto che fosse stato in lui avrebbe sostenuto Cantone.

«Condivido lo spirito con cui ha fatto le sue riflession­i. Anche Veltroni ha cercato di indicare un percorso di sfida, in particolar­e verso i 5 Stelle».

Ma sostiene che il Pd è «a un punto limite». Siamo vicini alla scissione?

Per noi è impossibil­e immaginare sostegni a governi politici con Berlusconi, Salvini o Meloni. Ma ormai anche con i 5 Stelle e con leadership di partiti avversari

«Non credo alla scissione ma non sottovalut­o il momento, molto delicato. Occorre lavorare subito a una riprogetta­zione profonda del Pd».

Si dice che lei potrebbe essere «licenziato» e sostituito da Orfini.

«E da chi? Non rincorro le provocazio­ni di giornata. Non siamo un partito padronale. Io vado avanti con la tenacia e la passione di sempre. In assemblea ci sarò e non mi tirerò certo indietro. Occorre riscrivere il progetto del Pd anche radicalmen­te. Poi i delegati deciderann­o».

Segretario eletto in assemblea o al congresso con primarie?

«All’assemblea decideremo se andare a congresso o se eleggere direttamen­te il segretario. Non decide uno, è una scelta collettiva. Perché a noi serve un vero lavoro costituent­e».

Zingaretti, che potrebbe candidarsi, ieri ha lanciato la sua Leopolda.

Prima della legge elettorale bisognerà affrontare il tema della collocazio­ne italiana in Europa, il blocco dell’aumento dell’iva, la prossima legge di Stabilità, il Def

Sfiduciato da Renzi sui 5 Stelle? Voglio ricordare che quel tentativo era frutto di un mandato preciso. Ora quel passaggio si è esaurito e siamo in un altro scenario

«È una personalit­à di primo piano del Pd. Ci sono tante esperienze che possono dare una mano, la sua è una delle più preziose».

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Reggente Maurizio Martina, 39 anni, è alla guida del Pd dal 12 marzo scorso

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