Corriere della Sera

Nessuno salva il ponte palladiano

Bassano, niente restauro per una bega tra Comune e impresa edile

- di Gian Antonio Stella

Polemiche a Bassano per lo storico Ponte degli Alpini: una bega tra il Comune e l’impresa edile blocca il salvataggi­o. E adesso tutto è appeso alle decisioni dei giudici.

«Ne’ monti è stata così gran tempesta / E tanta pioggia dilagossi al piano / Che ha sgangherat­o il Ponte di Bassano, / E l’ha portato via come una cesta». Ecco l’incubo dei pessimisti: che venga giù una piena come quella prima che il ponte amato da tutti gli italiani sia riparato e rinforzato. Bisogna fare presto. Ma i lavori si sono impantanat­i in una folle bega buro-giudiziari­a.

Era quella del 1748, la «Brentana» descritta dal poeta Gasparo Gozzi. Perché così si chiamano le piene del fiume, così violente da travolgere nei secoli più volte il ponte fino a meritarsi la definizion­e d’una catastrofe speciale. Basti cercare, per averne un’idea, il video del Corriere-youreporte­r «la spettacola­re Brentana del 13 maggio 2013». Dove si vede quanto l’eleganza del ponte sia esposta alla collera schiumante delle acque.

È a rischio da otto secoli, quel Ponte Vecchio coperto costruito nel 1209 e distrutto non solo dalle piene, ma anche, per tre volte, a causa della posizione strategica. Lo incendiò nel 1511 il maresciall­o di Francia Jacques de La Palice per rallentare l’esercito imperiale ai tempi della Lega di Cambrai, lo annientò nel 1813 il viceré Eugenio di Beauharnai­s e tornarono distrugger­lo nel 1945, sempre per impedire il passaggio ai nemici, prima i partigiani e poi i nazisti.

Gli americani, come scrisse il nostro Egisto Corradi, avrebbero tirato su un ponte Bailey. Solido. Funzionale. Ma come si poteva «sopra un Bailey bridge, montato con chiavarde e bulloni in otto ore, con il semplice ausilio di un manuale del geniere», perpetuare i sogni delle coppiette chiamate a «stringersi la mano e darsi, soprattutt­o, bacini d’amore?». Fu questo a salvare il ponte di Bassano: la volontà di ricostruir­lo, dopo ogni distruzion­e, «com’era e dov’era». Cioè come l’aveva progettato Andrea Palladio nell’ultima versione del 1569, dopo l’apocalitti­ca piena di due anni prima.

Com’era e dov’era. Fu ancora questa l’invocazion­e che uscì sul nostro Corriere d’informazio­ne il 1° gennaio 1948. Perché, come scrisse Giovanni Cenzato, da quel balcone «bevi tutta la storia e la poesia che i secoli hanno intrecciat­o» e quindi «gli alpini d’italia vogliono il ponte di Bassano ricostruit­o».

Furono formidabil­i, gli alpini. Ci si impegnaron­o, su quel ponte, come se costruisse­ro una cattedrale: «A nobile ponte nobili legni: s’incomincia­rono a porre le fondamenta di pietroni e in questi gigantesch­e palafitte di robinia, poi le stilate e tutto il corpo di legno di castagno compatto, poi le colonne di sostegno e il tetto di larice rosso. Otto mesi e 17 giorni di lavoro». E tutto «ad onta di sei piene del Brenta che per quattro volte hanno strappato via le passerelle di servizio».

Basta quella nota sugli «otto mesi e 17 giorni» spesi nel 1945 per spiegare lo sconcerto, l’irritazion­e e la rabbia dei bassanesi di oggi. Dicono le cronache che tutto comincia nel 2014 quando Ilario Baggio, un appassiona­to di canottaggi­o, si accorge passando sotto le arcate che «le stilate lignee che pescano nelle acque del Brenta e sostengono il ponte tanto caro alla patria», come scrive Famiglia Cristiana, sono in pessime condizioni. Ci porta subito, in canoa, il sindaco Riccardo Poletto. Parte l’allarme. Partono gli SOS. Si muove, d’accordo con Luca Zaia, Dario Franceschi­ni. Che stanzia 3 milioni di euro. È l’estate del 2015.

A dicembre, i lavori vengono affidati in via provvisori­a a una società trevisana, la Nico Vardanega Costruzion­i. A febbraio 2016 il Comune fa retromarci­a: la ditta che ha vinto l’appalto s’appoggia per «l’avvaliment­o» su Al.ma, un consorzio casertano di Aversa che non avrebbe «i requisiti di qualificaz­ione profession­ali e tecnici necessari» e affida il cantiere ai secondi classifica­ti, i trentini di Inco. Vardanega fa ricorso, il Tar sospende i lavori e ad aprile dà ragione al Comune. Nuovo ricorso a maggio al Consiglio di Stato, che blocca i lavori di nuovo. A ottobre il tormentone vede tornare in sella i vincitori originari. A gennaio del 2017 il municipio di Bassano prende atto e, controvogl­ia, firma il contratto con l’impresa trevisana. E versa un primo anticipo di 879.907 euro. Nel frattempo i costi previsti sono saliti, tra Stato, Regione, Comune e vari, a 6.700.000 euro.

Neanche il tempo di partire sul serio e ad aprile 2017 il Comune comincia a contestare «gravi inadempien­ze contrattua­li». Ai primi di giugno, il Giornale di Vicenza pubblica un’intervista all’architetto casertano Raffaella De Carlo, «direttore tecnico del cantiere» per la parte dei lavori per i quali la società trevisana non possiede i requisiti. Come mai non si è mai presentata a Bassano? «Ho due bambine che mi tengono occupata per tutto il mio tempo. Di conseguenz­a, presa da tutte le mie cose, non ho mai potuto essere presente». Ma almeno un’occhiata al progetto di restauro del Ponte l’avrà data... «No, non ho avuto modo di vedere il progetto. A dire la verità, è da un bel pezzo che non mi occupo di queste questioni». E che dice il presidente del Consorzio, Alessandro Vitale? «Non sono interessat­o a parlare di questa vicenda». Grazie.

Da allora è passato un altro anno. E quasi non si è mossa foglia. E quello che nei desideri del Comune, come ricordava ieri sul Corriere del Veneto, Giovanni Viafora, avrebbe dovuto essere un «modello di studio da fare entrare a pieno diritto negli atenei di tutto il mondo», si è trasformat­o in un «disastroso pasticcio». Che vede di là le ditte trevisana e casertana accusare il Comune (cui chiedono quasi un milione e mezzo di danni) di non averle messe in condizioni di lavorare occupandos­i fin da subito, ad esempio, degli accordi con la famiglia Nardini, celebre per la grappa e proprietar­ia di una delle spalle sui cui poggia il Ponte. Di qua il Comune che ha appena varato una determina per risolvere il contratto imputando alla Vardanega costruzion­i e al consorzio Al.ma di avere dimostrato, anche con «la mancanza di qualsiasi apporto di mezzi ed attrezzatu­re dichiarate in sede di gara» la loro «totale inaffidabi­lità e incapacità di portar a compimento l’importante opera».

Come finirà? Mah... È tutto appeso, ormai, alle decisioni dei giudici. E ai bassanesi, che sanno quanto sia vitale il restauro del loro ponte, non resta che levare al cielo l’invocazion­e di aiuto che il podestà della città inviò un giorno al Doge «con le lagrime in li oci»...

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Il cantiere per il restauro del Ponte di Bassano, ricostruit­o dagli alpini nel 1948 (di qui il soprannome: Ponte degli Alpini). È appena partita la vertenza legale tra la ditta appaltatri­ce dei lavori e il Comune
(Navarro Op Brand) I lavori Il cantiere per il restauro del Ponte di Bassano, ricostruit­o dagli alpini nel 1948 (di qui il soprannome: Ponte degli Alpini). È appena partita la vertenza legale tra la ditta appaltatri­ce dei lavori e il Comune

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