I due «partiti» contro lo stallo
Subito alle urne
Berlusconi e Martina su un fronte, sull’altro Di Maio e Salvini Ecco le exit strategy (e chi le sostiene)
«Faccio una scommessa. Volete vedere che saranno tantissimi i big della politica che faranno a gara a rimanere lontani dalle liste delle prossime elezioni perché puntano a quelle “buone”, che arriveranno subito dopo?». Poco prima di Natale, Giulio Tremonti lanciava la profezia del doppio voto. Come a dire, le prime elezioni non porteranno a un governo e si dovrà rivotare a stretto giro. Sembrava fantapolitica e invece, a cinque mesi da quei giorni e a due dalle elezioni, il ritorno anticipato alle urne diventa un’opzione sempre più probabile. Anche perché la fatwa dei M5S contro l’ipotesi del «governo a tradimento» — la formula con cui Luigi Di Maio ha ribattezzato lo scenario del «governo di tregua» ventilato dal Quirinale — spinge anche Matteo Salvini a rimanere fuori dall’orbita di un esecutivo tecnico che arrivi fino all’approvazione della prossima legge di Stabilità.
Da «una poltrona per due» a simul stabunt, simul cadent, insomma. E il destino comune di Lega e 5 Stelle riaccende le speranze di chi, volente o nolente, era rimasto fermo un giro per poter risalire sull’autobus buono.
Il primo nome in cima alla lista è Alessandro Di Battista, il leader dell’ala più barricadera dei 5 Stelle che ha lasciato il Parlamento per il Sudamerica. Forte dell’atout di aver speso soltanto uno dei mandati a disposizione dei grillini, quantomeno nella versione originale e non ancora emendata dello statuto M5S, in caso di elezioni anticipate Di Battista sarebbe sicuramente in campo, e coi galloni da primattore. E tutto questo per qualcuno, anche all’interno dei perimetro pentastellato, sarebbe sufficiente per augurarsele subito, le urpra, ne.
Come se le augurerebbero i tantissimi rimasti fuori dalle liste di FI, il capofila dei partiti che invece sono totalmente schierati a favore del «governo di tregua». Nunzia De Girolamo, per esempio, che ha denunciato anche in tv di essere finita vittima di un complotto sulle liste della Campania. O anche lo stesso Tremonti, l’autore della «profezia» di cui so- un pezzo da Novanta che ha rifiutato all’ultimo un biglietto a bordo delle liste del centrodestra. Senza dimenticare quelli che, invece, potrebbero decidere che è l’ora di puntare direttamente sulla roulette italiana. Come Antonio Tajani, già candidato premier di Silvio Berlusconi e sincero detrattore dell’ipotesi di un ritorno alle urne, che in caso di quasi concomitanza tra le Europee del 2019 e un nuovo voto in Italia potrebbe optare per la seconda corsa.
Anche l’eterogeneo fronte centrista, rimasto fuori dal Parlamento, sotto sotto spera nelle elezioni anticipate per evitare l’estinzione. Da Angelino Alfano a Raffaele Fitto, in fondo, sono in tanti quelli che sperano nella seconda possibilità. Un discorso che, nel centrosinistra che si riorganizza, potrebbe riguardare tanto il non eletto Massimo D’alema quanto fior di autoesclusi del 4 marzo del calibro di Enrico Letta, Giuliano Pisapia e Carlo Calenda. Tutti più o meno dietro quel sipario che potrebbe rialzarsi presto. Forse.
La profezia Facciamo una scommessa: volete vedere che saranno tantissimi i big che faranno a gara per tenersi lontani dalle liste del 4 marzo perché puntano a quelle buone che arriveranno subito dopo?
Giulio Tremonti (A fine 2017)