Dalla Liguria a San Francisco «Io, designer e la mia sfida ad Amazon»
Carola e i nuovi progetti di Ikea
SAN FRANCISCO «Qui dicono che se non riesci a fare qualcosa è perché stai insistendo nella direzione sbagliata». Qui è la Silicon Valley. Siamo al quinto piano di un palazzone al civico 425 della seconda strada, affacciati sul Bay Bridge.
La scrivania di Carola Pescio Canale, 27 anni, è vicina a un’ampia finestra. La sua è la mano che disegna aspetto e funzioni di Taskrabbit, piattaforma della gig economy che lo scorso settembre è diventata il braccio armato di Ikea contro Amazon. Carola fa rimbalzare lo sguardo serio tra la strada, molto trafficata, e l’interno dell’ufficio, dove uno spillatore per la birra allieterà il venerdì pomeriggio di settimane complicate, essendo stata la società vittima di un cyberattacco poche settimane fa. E racconta come per lei l’italia non sia mai stata davvero un’opzione.
L’avventura americana è iniziata nel 2013, con la versione per studenti del tour Italiani di Frontiera. «Mi sarei trasferita subito, ma non ero ancora laureata». È tornata due volte, per tre mesi l’una, mentre completava gli studi in Economia. «Poi ho iniziato a cercare lavoro. Non era facile: nel marketing non ero competitiva. Stavo insistendo nella direzione sbagliata».
Ha allora cominciato proporsi a chiunque della comunità italiana avesse bisogno di un aiuto e ha trovato un’opportunità, e il visto j-1 per gli stage, come designer del prodotto. Non prodotti fisici, ma digitali: app mobili o siti.
«In Italia se vuoi fare qualcosa di creativo è difficile che tu riesca ad arrivare a fine mese, qui sono riuscita a reinventarmi grazie alla passione per la grafica», asserisce senza una sfumatura di rimpianto per aver lasciato la sua Celle Ligure.
Alle placide acque del mare di casa preferisce l’energia e la durezza del Pacifico; a San Francisco vive con Paolo, il marito italo-americano. Nel marzo del 2017 il sogno a stelle e strisce di Carola si è trasformato in una concreta sfida destinata ad avere ripercussioni Oltreoceano: è entrata in Taskrabbit, che sei mesi dopo sarebbe stata comprata da Ikea.
Dal 2008 la piattaforma mette in contatto privati che offrono e hanno bisogno di servizi vari: dal montaggio dei mobili a una mano per fare un trasloco o per pulire la casa. Trattiene una commissione del 15 per cento e non ha alcun rapporto contrattuale con chi svolge le prestazioni. Il modello Uber, per intenderci, comprese le (giuste) preoccupazioni per le tutele nell’economia dei lavoretti, che secondo Mckinsey impiega fino al 30 per cento delle persone in età lavorativa in Europa e Usa.
La strategia del colosso svedese è chiara. Proporre direttamente ai clienti — per ora solo negli States e nel Regno Unito, con il piano di espandersi in Europa e Asia — il montaggio dei mobili anche attraverso Taskrabbit, sia online sia nei negozi. Così da abbattere tempi e costi. Non solo: la piattaforma fa anche consegne, che i suoi «tasker» arrivano a completare in giornata, e Ikea potrà integrare l’opzione. Andando a competere a viso aperto con l’asso (delle spedizioni) pigliatutto Amazon. «Tornare in Italia? Per ora non ci penso». E Carola si volta di nuovo verso il Bay Bridge.