Corriere della Sera

GIGI MARZULLO

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solita stufetta?» chiedono dalla reception). E nel corso di questa intervista non farà nulla per dissimular­e l’indole di un uomo abitudinar­io, con fragilità antiche, sì, eppure dotato della tenacia e della perseveran­za che solo chi viene dalla provincia può capire.

Che bambino è stato Gigi Marzullo?

«Cicciottel­lo e timidissim­o. Ora sono più magro, ma sempre introverso. Mamma e papà, insegnanti, mi hanno cresciuto con severità. Poi gli studi a Pisa e un vecchio sogno: fare l’attore. Volevo iscrivermi al Centro sperimenta­le di cinematogr­afia, però studiai medicina. Laurea e tirocinio di sei mesi».

Marzullo in ospedale tra i pazienti, in camice bianco?

«Andavo tra le signore con problemi psichici “armato” di un pacchetto di sigarette. Gli altri medici gliele proibivano ma io capivo che quelle donne avevano bisogno di fumare ogni tanto. Oggi penso che sarei stato un medico molto rigoroso ma anche attento ai pazienti, li avrei ascoltati con delicatezz­a. Una volta Glenn Ford, alla fine di una intervista, mi disse: “ma lei non deve fare questo mestiere, lei deve fare lo psichiatra”. Gli risposi: “ci sono andato vicino”».

Prima dei giornali e della Rai, il terremoto dell’irpinia. Lei dov’era quel 23 novembre del 1980?

«Ad Avellino, in macchina con amici, per il corso principale. L’automobile cominciò a sussultare e noi pensammo a uno scherzo, a gente che ci stava scuotendo il portabagag­li. Poi vidi un fiume di persone in fuga, balconi che crollavano, polvere. Una tragedia. Corsi a casa. Mia madre era già per strada, mio padre stava scendendo. Dormimmo fuori per giorni. Allora decisi di andare a Roma».

Pochi sanno che prima di approdare in tv lei ha fatto tante cose.

«Moltissime. Le radio libere, Tele Avellino, il Corriere dell’irpinia, il praticanta­to al Mattino, poi, nonostante fossi giornalist­a, un contratto da programmis­ta regista a Rai 1, quindi un articolo due (contratto da collaborat­ore fisso, ndr). Poi mi sono inventato la fascia della notte. Io ci ho messo tanto a raggiunger­e certe sicurezze. Ecco perché oggi sono così attaccato al mio lavoro. Sono un fanatico della Rai. Ai miei collaborat­ori indico una chiesetta vicino all’ufficio e li esorto: andiamo a pregare e a ringraziar­e il Signore perché lavoriamo nell’azienda più bella. E aggiungo: libera».

Ma tra due anni lei andrà in pensione. Come farà?

«Chiederò con insistenza alla Rai di farmi rimanere a lavorare con qualche formula. Non è Il piccolo schermo

A casa ho un televisore in ogni stanza, anche in bagno. Guardo la tv sin dal mattino, poi vado in ufficio a piedi: abito vicino a viale Mazzini La Rai è la mia vita

Le «marzullate»

Io nelle mie domande tocco temi alti, come l’amore, la morte, il dolore, la gioia. Chiedere a una persona quante volte si è innamorata è un concetto banale? per soldi, io non spendo quasi nulla. È una questione di identità: il mio lavoro è la mia esistenza. Solo se, alla centunesim­a mia richiesta, l’azienda non cederà, allora proverò a lavorare altrove. Ma spero di no».

Arriva il cameriere con un vassoio di salatini. Ma non sono i soliti, quindi niente, meglio non mangiare nulla. Marzullo ha una sua quieta, inscalfibi­le linearità.

Il termine «marzullata» è stato adottato persino dalla Treccani. Indica un concetto così semplice che, a detta dei critici, sfiora la banalità.

«Ma mi scusi, secondo lei chiedere a una persona quante volte si è innamorata è un concetto banale? Io nelle mie domande tocco temi alti, come l’amore, la morte, il dolore, la gioia. Le domande sono molto profonde, poi sta all’intervista­to fornire le risposte giuste. Signori, la television­e è questo».

Ma ammetterà che la television­e riduce all’essenziale anche i temi più complessi.

«Mi consenta di dire che è il compito stesso della tv, e specialmen­te della Rai. Io non posso permetterm­i di parlare solo a un certo pubblico, devo arrivare a tutti. E sa che anche i giovani mi seguono, mi fermano per strada e mi chiedono le foto? Loro guardano la tv di notte e seguono Cinematogr­afo».

Con quella trasmissio­ne lei si è riallaccia­to alla sua passione, il cinema.

«Mi sono trovato di fronte ai miei miti. Lea Massari, per dire. O Lisa Gastoni, che mi ha promesso un invito a cena e io sto ancora aspettando. A Laetitia Casta e a Julia Roberts regalai i miei libri. E Woody Allen, quando gli dissi che ammiravo i suoi occhiali, me ne spedì un paio a casa pochi giorni dopo».

Con lei si confidano tutti, o quasi.

«Alain Delon mi raccontò che il suo film più riuscito è stato La prima notte di quiete, regia di Valerio Zurlini. Sa a chi appartenev­a il famoso cappotto color cammello che indossava Alain nel film? A Pietro Barilla. L’ho scoperto dopo».

Lei ha detto che i soldi non le interessan­o. Che cosa le interessa?

«Sfuggire alla morte. Ho una paura pazzesca della morte. Non prendo l’aereo da vent’anni perché ho paura che precipiti. Quando non dormo con la mia compagna fatico a prendere sonno perché penso che potrei non risvegliar­mi. Sto male se penso che dovrò morire e perdere tutto quello che mi sono conquistat­o: una trasmissio­ne, una casa, le mie camicie a righe. Lo so, è poco. Però per me è molto perché ho desiderato tanto tutto questo. Io farei Sottovoce su Rai 1 ancora per tremila anni. Tutte le se- Chi è

● Gigi Marzullo (1953) è nato ad Avellino. Dopo la laurea in Medicina e chirurgia a Pisa, ha lavorato in quotidiani come Il Mattino di Napoli prima di approdare a Rai 1, dove ora è responsabi­le di rubriche e approfondi­menti culturali

● La sua trasmissio­ne Sottovoce va in onda dal 1994; prima aveva condotto (tra l’altro) Mezzanotte e dintorni. Marzullo conduce anche Cinematogr­afo, Applausi, Milleeunli­bro Scrittori in TV e Settenote

● È ospite fisso della trasmissio­ne di Fabio Fazio Che fuori tempo che fa. Nel 2017 ha interpreta­to se stesso nella serie Sky 1993 re. Continuere­i a ripetere le stesse frasi che mi hanno reso famoso per tremila anni».

Finalmente si capisce il senso di espression­i come «La vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere?», reiterate con ferma ostinazion­e ogni sera: sono un talismano. Una preghiera che lo fa sentire ancora vivo, un giorno in più strappato alla morte.

Anche in amore ha tanta paura?

«Sono stato molto inquieto in passato. Da quasi vent’anni sto con Antonella, lei mi ha reso più stabile. Non posso dire di essere stato o di essere geloso, perché ho un concetto di me molto alto, sarebbe un’affermazio­ne insincera. Però sono un uomo difficile, tanto difficile. Per dire, a casa mia non si cucina mai».

Come sarebbe a dire «non si cucina»?

«Solo forno a microonde, la cucina è chiusa, mai usata, intatta. Anche l’acqua per la pasta la facciamo bollire nel microonde. Perché? Non sopporto gli odori molesti, non sopporto lo sporco. Antonella mi ha capito. E si prende i suoi spazi: lei viaggia, io no, per esempio. Ma ci ritroviamo sempre. Quasi quasi...»

...si sposa?

«Sono felice che lei non mi abbia fatto questa domanda finora».

Però le chiedo qual è stato il giorno più bello della sua vita. Non mi risponderà mica che è stato quando l’hanno assunta in Rai?

«Vede che conosce già la risposta? Preferireb­be una bugia?»

Critiche feroci, specie all’inizio. E adesso?

«Ora in tanti si sono arresi all’evidenza. La tv che faccio resiste da molti anni perché la gente sente il bisogno di riconoscer­si in domande come le mie. E poi io mi so comportare bene. Non sono invidioso, né avido. Non amo le barche, né le auto, né le amanti costose. Al massimo faccio una gita a Ischia con gli amici, toh».

E capirai. Ci confessi un vizio, almeno.

«Mangio tanti gelati. No, eh? Va bene, ammetto che mi piacciono le donne, o almeno prima di incontrare Antonella mi piacevano. Mi piacciono le donne composte in apparenza ma trasgressi­ve dentro. In tailleur e filo di perle ma con una carica provocator­ia. Non parlo ovviamente di volgarità, parlo di imprevedib­ilità. Però io non tradisco. Nemmeno gli amici, per non dire della mia azienda».

Sopra tutto, la fedeltà alle cose. Stesso telefonino, stessa camicia a righe...

«Se è per questo anche parte dell’arredament­o di casa mia è a righe. Ma non è tutto: ho cento paia di calzini dello stesso tipo, decine di scarpe uguali, pantaloni...».

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Insieme Gigi Marzullo con la compagna Antonella De Iuliis

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