Corriere della Sera

LA DRAMMATICA LEZIONE DELL’ARGENTINA PER CHI È CONTRO L’EURO

- di Federico Fubini

Come sempre quando si sparge odore di elezioni, l’effetto sui leader è immediato. Per uno che ricomincia a parlare di «eurofollie» (Matteo Salvini, Lega), un altro tira fuori dalla scatola degli attrezzi quello che ormai è il più antico: il «referendum sull’euro» (naturalmen­te Beppe Grillo, Movimento 5 Stelle). Era prevedibil­e, perché un nuovo voto potrebbe diventare uno spareggio fra M5S e la Lega. Nessuno dovrebbe sorprender­si se l’uno e l’altra non lasciasser­o nulla di intentato. Ma fermiamoci un attimo, spostiamo lo sguardo un po’ più in là. Basta un colpo d’occhio agli sviluppi di queste ore nel sistema finanziari­o internazio­nale per capire chi siamo noi italiani e dove viviamo. Due giorni fa la banca centrale argentina ha dovuto alzare i tassi d’interesse al 40% — più 13% solo nell’ultima settimana — e per una volta non si può neanche dare la colpa ai politici locali. Il leader oggi è Mauricio Macri, un ingegnere di origini calabresi che mantiene il Paese su una rotta di buon senso, riforme e prudenza. Ma negli Stati Uniti i tassi d’interesse stanno salendo, perché la Federal Reserve continua ad alzarli e la riforma fiscale di Donald Trump produrrà migliaia di miliardi dollari di debito in più. I grandi flussi di capitali tornano verso i titoli di Stato americani perché rendono e renderanno sempre di più, quindi iniziano a uscire dai luoghi più rischiosi e fragili del mondo. Di qui il crollo del peso argentino e il disperato tentativo delle autorità di fermare la fuga dei capitali. L’argentina nel 2003 aveva ripudiato debito pubblico per 100 miliardi di dollari e aveva svalutato drasticame­nte per cavarsela. Sono passati 15 anni, ma non è ancora vaccinata: un battito d’ali di farfalla a Washington diventa un tifone a Buenos Aires. Che c’entra con l’italia? Niente, ma proprio questo è il punto. Non c’entra perché l’italia è nell’euro e solo per questo sul suo enorme debito riesce a pagare interessi persino inferiori di quelli americani, a tutto vantaggio di famiglie e imprese. Proviamo a uscire dall’euro, o a ripudiare il debito. Prima però chiamiamo Mauricio Macri per sentire cosa ne pensa.

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