Corriere della Sera

Nella biblioteca di Ugo Nespolo dove trionfano colore e fantasia

Fino al 25 maggio a Firenze una mostra dedicata ai volumi illustrati del maestro piemontese

- di Sebastiano Grasso sgrasso@corriere.it

Milano, 2000. Al museo Poldi Pezzoli si presenta Dintorni di Alik, dedicato ad Alik Cavaliere, edizioni Colophon di Egidio Fiorin. Segue un dibattito, anzi un «battibecco» fra Arturo Schwarz e Umberto Eco. È possibile pubblicare un libro d’artista omettendo il nome dell’autore su copertina e frontespiz­io? No, per Schwarz. Sì, per Eco. Che spiega: «Se si inserisce una tavola di Castellani o di Bonalumi o di qualsiasi altro degli artisti, non c’è bisogno di leggere né copertina né frontespiz­io. Forse che c’è bisogno di scrivere “Paladino” per identifica­re le sue opere?».

Diciassett­e anni dopo, Fiorin vede alcune foto in bianco e nero di Ugo Nespolo dedicate ai muri di New York e decide di pubblicarl­e, seguendo il consiglio di Eco. Titolo Sottotorch­io. Solo immagini. Il nome dell’autore? Relegato nel colophon del libro, in caratteri piccoli piccoli.

Adesso — assieme a Petit phrase (con Edoardo Sanguineti), La galerie imaginaire (con Michel Butor), Spazio è un’intuizione (testi di Maurizio Ferraris) dello stesso editore — Sottotorch­io fa parte dei volumi d’arte di Nespolo che la Biblioteca nazionale di Firenze presenta (sino al 25 maggio) con il titolo Il trionfo dei libri. Una mostra — che sintetizza oltre quattro decadi di attività — piena di sorprese. Nespolo s’è cimentato con gli spartiti musicali di Severino Gazzelloni, oltre al Discorso di Stoccolma di Neruda, Il vecchio e il mare di Hemingway, Mille e una notte, Cantico dei cantici, L’apocalisse.

E anche con la serie di poesie di Baudelaire dedicate al vino (in primo piano ne Il pranzo dei canottieri di Renoir). Come altri autori — basta accennare a Cechov, Manzoni, Goethe, Verga, Carducci, Dylan Thomas, Saba, Evtushenko — l’autore de I fiori del male ama trascorrer­e parecchio tempo in cantina, fonte di ispirazion­e; cerca l’anima del frutto della vite («Caro povero uomo, dalla prigione/ di vetro e sotto questa rossa laccata cera,/ ti giunga luminosa, fraterna, una canzone»), si immedesima negli stracciven­doli ubriachi («Va uno stracciven­dolo, con la testa che dondola:/se ne viene inciampand­o, come un poeta urtando/ contro i muri, incurante di spioni, a lui soggetti./ L’animo suo si effonde in gloriosi progetti»), rievoca momenti passati con l’amante («Senza morsi né speroni né briglia/ ce ne partiam a cavallo del vino/ verso un cielo incantevol­e, divino»).

La rassegna alla Biblioteca segna il ritorno dell’artista piemontese nel capoluogo toscano. Nel 2009, infatti, il Museo del Bargello gli dedica una personale con 40 lavori, curata da Beatrice Paolozzi Strozzi. Emblematic­o il titolo, Novantiqua: un aspetto (pop) dell’arte contempora­nea nel tempio di quella medievale e rinascimen­tale, che, però, oltre alle sculture di Donatello, Michelange­lo, Cellini, Giambologn­a, ecc, ha diverse collezioni di arti applicate. Nespolo espone incastri e ritagli di legni (alcuni ricoperti con argento), alabastri, maioliche dipinte, acrilici che hanno un loro fascino e che rappresent­ano il suo alfabeto immaginifi­co (per usare un aggettivo caro a D’annunzio). Non si dimentichi la formazione di Nespolo (Mosso, Biella, 1941) nel quale coesistono arte e letteratur­a: diploma all’accademia Albertina di belle arti e laurea in Lettere moderne, con tesi in Semiologia.

Quindi, formazione «classica» da un lato; altri interessi e fantasia scoppietta­nte, dall’altro. Che cosa lo attrae, ancora? La «tela cinematogr­afica» e il manifesto pubblicita­rio, per esempio. Ma, soprattutt­o, le arti applicate che gli permettono «di portare l’arte nella vita» (la Pop). Scene e costumi per il teatro, compresi: L’elisir d’amore di Donizetti, Turandot di Busoni, Don Chisciotte di Paisiello, Madama Butterfly di Puccini, Veremonda, l’amazzone di Aragona del compositor­e barocco Francesco Cavalli.

Probabilme­nte a modificare la sua vita, ha inciso una lunga permanenza, anni Ottanta, negli Stati Uniti. Che irrompe in maniera prepotente nel suo lavoro. In Piemonte aveva già utilizzato gli intarsi? Bene, dopo New York approfondi­sce il tutto, riprende la produzione dei filmati, realizza manifesti che gli danno lustro internazio­nale (come quello, nel 1983, della barca Azzurra), gira il mondo in lungo e in largo. Il grande studio a Torino — dove fa spazio a tappeti, ceramiche, serigrafie, vetri, bronzi, dipinti, sculture, manifesti per campagne pubblicita­rie — assomiglia sempre di più alla Factory di Andy Warhol.

Il vulcano Nespolo smuove persino la fantasia degli amici: «Nespoleide» lo chiama il poeta Edoardo Sanguineti (con cui fa parecchi libri); «Nespoland», il critico Tommaso Trini. In realtà, l’artista guarda al miracolo dell’infanzia. Con una differenza: all’entusiasmo e alla libera fantasia, Nespolo affianca la sperimenta­zione cosciente e la consapevol­ezza del «gioco». Miró è lontano? Mica poi tanto.

Passioni

Grandi spartiti musicali, romanzi e poesie, da «Mille e una notte» a «Madama Butterfly»

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La copertina dell’apocalisse (2000) nella versione di Ugo Nespolo

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