Corriere della Sera

Da noi stentano ma altrove servono per i trial clinici

- R.CO. Ruggiero Corcella

Secondo il report 2017 di Iqvia Institute for Human Data Science Study (Usa), sono oltre 318 mila le app per la salute disponibil­i sul mercato mondiale (340 i dispositiv­i indossabil­i dedicati alla salute) e continuano a crescere al ritmo di 200 al giorno. Aumenta anche il numero di studi pubblicati sulla loro efficacia: negli Stati Uniti ne sono stati effettuati 570 (138, solo nel 2017). Grazie ai dati ricavati da queste ricerche, negli Usa attualment­e alcune digital app dedicate al diabete, alla depression­e e all’ansia sono candidate ad essere incluse nelle linee guida cliniche. Nel mondo, si stanno conducendo 860 trial clinici sulle app mediche. In Italia siamo praticamen­te all’inizio, per una serie di problemi: primo fra tutti, quello della «certificaz­ione» . La Provincia di Trento (progetto Trec), uno dei pochi esempi sul tema, lo ha fatto e ha reso prescrivib­ile da parte dei medici una app per i pazienti diabetici. ancora matura o comunicata in modo corretto agli utenti.

Esiste, tuttavia, un insieme di app di carattere «informativ­o» e di «coaching» che si stanno diffondend­o. Dalla ricerca emerge come il 25% degli interpella­ti dichiari di utilizzare app per cercare le farmacie di turno, il 20% per trovare la farmacia più vicina e il 19% per informarsi sui farmaci. L’utilizzo cresce nella popolazion­e tra 35-44 anni (rispettiva­mente 45%, 36% e 30%). Inoltre il 19% del campione utilizza app per monitorare lo stile di vita (es. alimentazi­one, allenament­i) mentre il 12% per monitorare parametri vitali (es. battiti, pressione). Gli intervista­ti si sono poi dichiarati interessat­i alle app per ricevere avvisi su controlli medici o esami periodici (22%), che a oggi sono utilizzate solo nel 7% dei casi.

Siti web e app non godono di maggior fortuna, neppure quando si tratta di informarsi sulla salute. Il report ha cercato

Il medico di famiglia Resta la prima fonte di informazio­ne per oltre il 70 per cento degli intervista­ti

di capire a chi ci si affida, in base a quattro «scenari» — diversi per urgenza e per criticità —, chiedendo poi di indicare quale sia il primo canale attraverso cui gli intervista­ti si sono informati o si informereb­bero. Ebbene il medico di famiglia è risultato il canale di informazio­ne privilegia­to in caso di sintomi influenzal­i (74%, seguito dal farmacista con il 14%), vaccinazio­ni(74%, mentre un ulteriore 9% utilizza anche siti web istituzion­ali); valori alterati in un esame diagnostic­o (81%) e situazioni di salute grave (56%). In quest’ultimo caso, gioca un ruolo fondamenta­le anche il medico specialist­a, che risulta la prima fonte di informazio­ne nel 37% dei casi.

Perché il medico di famiglia? Gli italiani sembrano, almeno in questo, ben orientati: dicono che spetta a lui indirizzar­e verso cure più specifiche (80%).

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