«Prevedibili quei no» L’irritazione di Mattarella per la lunga catena di indisponibilità
Nessun aut-aut dal presidente ma quattro opzioni
Non gli hanno lasciato scelta. Perciò è lui, adesso, a non lasciarne a loro, i partiti, facendone una questione di «responsabilità». Ha elencato tutte le combinazioni possibili che ha esplorato per costituire una maggioranza. Sono fallite una dopo l’altra — denuncia — in una catena di «indisponibilità» rimaste intatte dal 4 marzo. E, dato che nessuno dei tre poli è autosufficiente per pretendere il governo e che deleghe in bianco (come quella cui aspirava il centrodestra) in questa situazione sono inammissibili, lancia la propria proposta. Articolata su diverse opzioni, non su un secco prendere o lasciare, dunque.
Prima opzione: dare vita a un esecutivo «neutrale», «di servizio» e garanzia, con pieni poteri, fino a dicembre. Se non sarà sostenuto dalla fiducia del Parlamento, ecco la seconda opzione, l’alternativa sarà di votare in autunno. Oppure, terza opzione, addirittura in piena estate, a fine luglio, il 22. Con il rischio però di arrivarci con la stessa legge elettorale che ha prodotto la traumatica instabilità di adesso e lasciando inevasi certi acuti problemi del Paese.
È pallido e teso, Sergio Mattarella, mentre con voce arrochita, che tradisce irritazione, riepiloga in otto minuti quel che è accaduto negli ultimi due mesi e indica la sua soluzione. Ha appena concluso l’ultimo giro di consultazioni, infruttuoso come temeva. Per cui non gli resta che offrire alle forze politiche un percorso d’emergenza, dal quale tutti dovrebbero sentirsi tutelati e che comprende perfino, quarta opzione, un’inedita staffetta. «Laddove si formasse nei prossimi mesi una maggioranza, quel governo si dimetterebbe per far posto a un governo politico».
Difficile offrire di più, per Mattarella. Il quale ha atteso fino alle 18 che al Quirinale arrivasse «un postino» con la notizia di un accordo, prima di presentarsi davanti ai cronisti. Si è esposto molto, in questa partita. Sapendo che il clima politico ormai isterico non lo avrebbe aiutato. Infatti, i no (alcuni dei quali svettano per volgare brutalità) sono venuti dai partiti che avevano fatto maggior peculio di voti il 4 marzo, aumentandoli magari alle Regionali, com’è avvenuto per la Lega. Protagonisti politici che non hanno fatto alcun vero passo indietro per trovare un accordo, indifferenti all’idea di trascinare verso limiti insopportabili il vuoto di potere in Italia. Anzi, dopo essersi reciprocamente addossati la colpa dello stallo, anche dopo il suo discorso sono parsi eccitati alla prospettiva di lucrare vantaggi con una campagna elettorale che è logico aspettarsi dura. Di più: spregiudicata, come le dichiarazioni di diniego echeggiate ieri e che il capo dello Stato ha liquidato come «prevedibili», quando le ha lette sulle agenzie di stampa. Unica consolazione: le voci apparse subito sui social, con un trend nettamente a lui favorevole.
Si apre così una fase estrema e carica di incognite, con i peggiori scenari che il Quirinale immaginasse. Il varo di un esecutivo che, nonostante abbia l’impronta del presidente, appare predestinato alla sfiducia e, contestualmente, un rapidissimo scioglimento delle Camere. Insomma: un governo che nascerà morto così com’è morta già prima di nascere la stessa legislatura. E senza chance di una rianimazione in corso d’opera, considerando che con ogni probabilità si tornerà alle urne a luglio inoltrato.
Ipotesi devastante, un traghettamento al voto maturato in questo modo. Con un rischio di assenteismo molto alto, ciò che aveva spinto il capo dello Stato a ripetere con toni accorati il proprio allarme, durante gli ultimi colloqui. Tutto inutile. Compresi i suoi avvertimenti sulle scadenze per le quali l’italia è attesa al varco, in Europa, e sulle quali era giusto chiedere responsabilità.
Lo scenario peggiore
Si prefigura lo scenario peggiore di un suo esecutivo senza la fiducia