Corriere della Sera

Raid nel bar, inchiesta sui Casamonica

Roma, indagine dell’antimafia. Il gestore: ho paura per i miei figli. Minniti: non restino impuniti

- Rinaldo Frignani

La Ferrari nera è ancora lì, alla Romanina. Si aggira rumorosa per il quartiere. «È quella dei Di Silvio, ogni tanto passa davanti al nostro bar. Ci controllan­o», racconta Marian Roman, detto Mariano. Il pomeriggio di Pasqua è stato aggredito e picchiato selvaggiam­ente da due del clan imparentat­o con i Casamonica. Le telecamere interne al Roxy Bar — dal nome della moglie di Mariano, Rossana — di via Barzilai hanno ripreso Cristian e Vincenzo Di Silvio mentre insultano e picchiano sia il barista sia Laura (nome di fantasia), una cliente 40enne con problemi psicologic­i intervenut­a a difenderlo.

«Qui comandiamo noi, è zona nostra», gridano spaccando tutto, mentre alcuni avventori continuano a giocare ai videopoker come se la cosa fosse normale. La donna, che abita a due passi dal bar, viene afferrata per il collo e percossa con una cinta. Scene abituali in una periferia che negli ultimi 30 anni si è trasformat­a nella roccaforte del clan nomade al centro di indagini dell’antimafia, di sequestri e confische di beni per centinaia di milioni. E quella Ferrari usata per le ronde è un esempio di quello che accade in quelle strade. Quando l’attenzione di tutti è rivolta altrove.

Ma trentotto giorni dopo, il raid pasquale è diventato di dominio pubblico. Si scopre così solo adesso che Mariano e Laura, dimessi dall’ospedale con 6 e 20 giorni di prognosi, non hanno abbassato la testa e hanno denunciato gli aggressori. Hanno anche raccontato che 48 ore dopo, ricorda il barista, «Nando il nonno dei ragazzi, che sono fratelli, è venuto qui sulla sedia a rotelle per avvertirci: “Sappiate che così sarà guerra”. E io gli ho risposto: “Se è quello che volete...”».

Storie di raro coraggio alla periferia della Capitale. La Romanina come Ostia e anche come Tor Bella Monaca, dove i bus non passano più perché usati come bersaglio. I due Di Silvio rischiano adesso la stessa sorte toccata a Roberto Spada, da sei mesi rinchiuso nel carcere di Tolmezzo (Udine) col 41 bis per la testata al giornalist­a Rai Daniele Piervincen­zi: anche a loro potrebbe essere contestata l’aggravate mafiosa. Sul caso indaga la Direzione distrettua­le antimafia e il ministro dell’interno Marco Minniti chiede «una risposta ferma e tempestiva al capo della polizia Franco Gabrielli. Atti come questi non possono rimanere impuniti». «Chi ha sbagliato deve pagare», sollecita la moglie del barista incontrand­o la sindaca Virginia Raggi. «Ho paura, temo vendette sui miei figli, ma con queste persone non bisogna mai abbassare la testa», spiega ancora il marito, che aggiunge: «In cinque anni né ai Casamonica, né ai Di Silvio abbiamo mai dato soldi, nonostante stiano sempre nel bar. Basta dire di no».

Come ha fatto anche la cliente, che riceve ora i compliment­i della presidente della Camera Laura Boldrini: «Sono fiera di lei».

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