Corriere della Sera

Trump rompe con Teheran: finanzia il terrore

Il politologo Vali Nasr: «Rischia di spingere il Paese in mano alla Cina»

- di Giuseppe Sarcina Gaggi, Frattini

«L’accordo sul nucleare va rinegoziat­o»: il presidente americano Trump rompe con l’iran. «Teheran finanzia il terrore» denuncia la Casa Bianca. Le sanzioni saranno reintrodot­te tra tre mesi. «Non abbandonia­mo il trattato» replica il presidente iraniano Rouhani. E anche la Ue chiede di non cambiare.

Donald Trump inserisce nella prevista denuncia dell’accordo nucleare con l’iran il colpo di scena del viaggio in Corea del neosegreta­rio di Stato, Mike Pompeo: ultimi preparativ­i del vertice fra Kim Jong-un e il presidente americano.

È l’apertura di Pyongyang che ha indotto Trump ad accelerare sulla rottura con Teheran?

«Davanti all’improvvisa disponibil­ità di Kim al dialogo, la Casa Bianca si è convinta che gli atteggiame­nti da bullo funzionano meglio della diplomazia», risponde Vali Nasr, il direttore della scuola di politica internazio­nale della Johns Hopkins University di Washington: un accademico iraniano-americano profondo conoscitor­e dei meccanismi della teocrazia di Teheran. «Ma — aggiunge — i due casi sono molto diversi. In Corea tutto dipende da un uomo solo al comando. E Trump è, comunque disposto a fare concession­i perché Kim è già il capo di una potenza nucleare. Il sistema politico iraniano è molto più complesso».

Il presidente Rouhani nei giorni scorsi ha alzato la voce, ma ora si dice disposto a negoziare con gli europei.

«Non credo che ci siamo più spazi per un accordo. Rouhani è lineare: scriverà alla Mogherini dando alla UE 45 giorni, come da accordi, per formulare una proposta che eviti la rottura. Passata quella scadenza, l’iran si riprenderà la sua libertà. E non vedo come in questo intervallo di tempo possa accadere qualcosa di nuovo sul piano negoziale. Gli iraniani si sono ormai convinti che l’europa non ha la forza di imporsi: alla fine segue, magari controvogl­ia, TURCHIA SIRIA gli Usa».

Trump continua, inesorabil­e, nell’opera di cancellazi­one di ogni eredità obamiana e impone il suo linguaggio politico, spazzando via un intero sistema di rapporti diplomatic­i.

«Sì, ma a carissimo prezzo: indebolisc­e il governo moderato di Rouhani, regala una vittoria clamorosa ai radicali islamici, rischia di spingere ancora di più l’iran tra le braccia della Cina. Con l’america sempre più ostile, l’europa timorosa e la Russia che è, comunque, un vicino ingombrant­e, a Teheran non resta che puntare su Pechino».

Le nuove sanzioni americane di Trump dovrebbero risultare meno efficaci di quelle di Obama. Allora

IRAQ IRAN Bonab ARABIA SAUDITA Mar Caspio TEHERAN Arak

l’iran perse 1,5 milioni di barili di greggio esportato al giorno. Stavolta, secondo gli analisti, il taglio non supererà i 300-500 mila barili. D’altra parte per molti, in Iran, Rouhani la sua partita l’ha perduta già quando gli investimen­ti occidental­i (soprattutt­o europei) attesi dopo l’accordo nucleare del 2015 non sono arrivati. Così il presidente è rimasto anche economicam­ente prigionier­o degli integralis­ti islamici e dei pasdaran che controllan­o gran parte dell’economia iraniana.

«Sì, stavolta le sanzioni potrebbero mordere meno proprio perché la Cina (e forse anche altri come India e Turchia) non taglierann­o le importazio­ni di greggio da Teheran. Fordo Isfahan Bushehr Golfo Persico TURKMENIST­AN Bandar Abbas Bandar Abbas Ed è vero che Rouhani era già in difficoltà da tempo. Ma adesso siamo a un salto di qualità politico: la guida suprema Ali Khamenei non aveva mai creduto all’accordo con gli americani, ma l’aveva lasciato fare proteggend­olo dagli attacchi degli integralis­ti. Oggi la mossa di Trump mette Rouhani con le spalle al muro: ha avuto torto a fidarsi, l’accordo viene denunciato anche se non è stato mai violato da Teheran. Peggio ancora: arricchend­o la sua sortita con accuse false, il presidente americano delude anche la parte dell’opinione pubblica iraniana che guarda con fiducia all’occidente».

Rouhani al tramonto?

«È indebolito, ma ha ancora tre anni di presidenza e nessuno, in Iran, vuole demolire l’assetto costituzio­nale. Ma, passati inutilment­e i 45 giorni del negoziato con la Ue, il presidente dipenderà in misura maggiore da Khamenei e dai radicali della Guardia Rivoluzion­aria. Zarif potrebbe essere sostituito con un ministro degli Esteri meno aperto al dialogo con Europa e Usa».

C’è chi spera ancora in modifiche dei patti, mettendo dentro i missili balistici e più controlli degli ispettori. E chi, invece, anche al Pentagono, teme rappresagl­ie iraniane contro Israele.

«Non credo nè a una cosa nè all’altra. Per ora si cerca ancora di negoziare: non credo ci saranno grossi attacchi contro Israele, nemmeno da parte di Hezbollah. Né credo che l’iran sia disposto a mettere i missili sul tavolo: sono la sua difesa estrema in un’area sempre più infuocata e con un’arabia Saudita più aggressiva».

IRAN

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Il presidente Donald Trump alla Casa Bianca mostra il memorandum per le sanzioni contro l’iran subito dopo averlo firmato
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Vali Nasr, 57 anni, americano di origine iraniana, dirige la Scuola di studi politici internazio­nali della Johns Hopkins University di Washington Sejjil è un missile balistico a propellent­e solido sviluppato dall'iran nel 2014. Ha una gittata...
Chi è Vali Nasr, 57 anni, americano di origine iraniana, dirige la Scuola di studi politici internazio­nali della Johns Hopkins University di Washington Sejjil è un missile balistico a propellent­e solido sviluppato dall'iran nel 2014. Ha una gittata...
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Con la stampa Prima di uscire dalla stanza in cui ha tenuto il discorso di ritiro degli Usa dall’accordo, Donald Trump risponde ai giornalist­i. Sulla porta, il vice Mike Pence e il «falco» John Bolton

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