«Possiamo solo guadagnarci» Il pressing di FI sul leader per ribaltare il modello Monti
I fedelissimi: allora la Lega era all’opposizione e restammo alleati
ROMA «Io non solo sarei per farlo nascere, questo governo. Ma addirittura vorrei che avesse un presidente del Consiglio del Movimento Cinque Stelle. D’altronde, scusate, chi è più grillino di Silvio Berlusconi?», dice Michaela Biancofiore di buon mattino varcando l’ingresso de La7 per partecipare alla trasmissione l’aria che tira. Dieci ore dopo Maurizio Gasparri, abbandonando Palazzo Madama, spiega che «il dibattito è su come reagire rispetto a un governo Lega-cinque Stelle e io, per esempio, la fiducia a un governo coi grillini non la voterei».
Dentro Forza Italia, però, ormai non è più questione di «se». Ma questione di «come». Resta da convincere Silvio Berlusconi, e ovviamente non è un dettaglio. Ma praticamente tutti, all’interno dei gruppi parlamentari azzurri, sono d’accordo che questo governo trainato dal tandem Di Maio-salvini debba nascere. Lo ammette lo stesso Gasparri, che comunque ha più dubbi che certezze, che «sì, se ieri (lunedì, ndr) sembrava impossibile che un governo politico nascesse, la giornata di oggi (ieri, ndr) racconta l’esatto contrario e domani chissà…». Ai massimi livelli del berlusconismo, una delle figure di primissimo piano, nonché uno degli uomini più visibili, scandisce alle 9 di sera che «non possiamo certo votargli la fiducia però possiamo dire che, se pure Salvini fa il governo con Di Maio, l’alleanza tra di noi non si rompe. Tanto, abbiamo solo da guadagnarci».
La formula sottoposta a Berlusconi, la stessa che maschererebbe un’inversione a U mostrandola come un qualcosa di già visto e già successo, è quella che rimanda ai governi Monti e Letta. «Pensaci bene, presidente», gli ripetono a turno per telefono durante tutta la giornata tutti i consiglieri più stretti, compresi quelli che negli ultimi mesi hanno avuto visioni diametralmente opposte. «In fondo, succederebbe il contrario di quello che è capitato quando noi facemmo nascere i governi Monti e Letta. La Lega era all’opposizione in entrambi i casi. Eppure, non per questo facemmo cadere le giunte regionali e comunali in cui governavamo insieme».
All’interno del gruppo parlamentare del Senato, la minaccia delle elezioni a luglio — poi rivista addirittura al ribasso quando Di Maio, a di Martedì, ha chiesto un anticipo a giugno — fa saltare l’assemblea prevista per il pomeriggio. La chat interna tace ma la direttrice è chiara. Durante i lavori della commissione speciale, su molti provvedimenti in esame i membri di Forza Italia spingono dalla stessa parte dei Cinque Stelle. Non è la rappresentazione plastica di una futura maggioranza, visto che in maggioranza insieme non ci staranno mai. Ma è un cambio di passo. «Se andiamo al voto, siamo finiti. I sondaggi ci danno al 7 per cento. E quello stesso governo che stiamo impedendo adesso, ce lo ritroviamo pari pari dopo le elezioni», commentano nei capannelli dei berlusconiani. Senza dimenticare che, al contrario di quanto non possa accadere in autunno o l’anno prossimo, a luglio c’è la matematica certezza che Silvio Berlusconi non sarà ancora candidabile. Ed è questo il motivo che ha spinto Salvini e Di Maio a bruciare tutti i ponti tra una maggioranza parlamentare e il governo di tregua proposto dal capo dello Stato. La minaccia, tra le decine di parlamentari di FI certi della non rielezione, ha fatto breccia. Resta da scavare l’ultimo tunnel. Quello che porta al salotto di Arcore.
I segnali al Senato Nella commissione speciale sul bilancio FI e 5 Stelle in sintonia su molti provvedimenti