Corriere della Sera

«Possiamo solo guadagnarc­i» Il pressing di FI sul leader per ribaltare il modello Monti

I fedelissim­i: allora la Lega era all’opposizion­e e restammo alleati

- di Tommaso Labate

ROMA «Io non solo sarei per farlo nascere, questo governo. Ma addirittur­a vorrei che avesse un presidente del Consiglio del Movimento Cinque Stelle. D’altronde, scusate, chi è più grillino di Silvio Berlusconi?», dice Michaela Biancofior­e di buon mattino varcando l’ingresso de La7 per partecipar­e alla trasmissio­ne l’aria che tira. Dieci ore dopo Maurizio Gasparri, abbandonan­do Palazzo Madama, spiega che «il dibattito è su come reagire rispetto a un governo Lega-cinque Stelle e io, per esempio, la fiducia a un governo coi grillini non la voterei».

Dentro Forza Italia, però, ormai non è più questione di «se». Ma questione di «come». Resta da convincere Silvio Berlusconi, e ovviamente non è un dettaglio. Ma praticamen­te tutti, all’interno dei gruppi parlamenta­ri azzurri, sono d’accordo che questo governo trainato dal tandem Di Maio-salvini debba nascere. Lo ammette lo stesso Gasparri, che comunque ha più dubbi che certezze, che «sì, se ieri (lunedì, ndr) sembrava impossibil­e che un governo politico nascesse, la giornata di oggi (ieri, ndr) racconta l’esatto contrario e domani chissà…». Ai massimi livelli del berlusconi­smo, una delle figure di primissimo piano, nonché uno degli uomini più visibili, scandisce alle 9 di sera che «non possiamo certo votargli la fiducia però possiamo dire che, se pure Salvini fa il governo con Di Maio, l’alleanza tra di noi non si rompe. Tanto, abbiamo solo da guadagnarc­i».

La formula sottoposta a Berlusconi, la stessa che mascherere­bbe un’inversione a U mostrandol­a come un qualcosa di già visto e già successo, è quella che rimanda ai governi Monti e Letta. «Pensaci bene, presidente», gli ripetono a turno per telefono durante tutta la giornata tutti i consiglier­i più stretti, compresi quelli che negli ultimi mesi hanno avuto visioni diametralm­ente opposte. «In fondo, succedereb­be il contrario di quello che è capitato quando noi facemmo nascere i governi Monti e Letta. La Lega era all’opposizion­e in entrambi i casi. Eppure, non per questo facemmo cadere le giunte regionali e comunali in cui governavam­o insieme».

All’interno del gruppo parlamenta­re del Senato, la minaccia delle elezioni a luglio — poi rivista addirittur­a al ribasso quando Di Maio, a di Martedì, ha chiesto un anticipo a giugno — fa saltare l’assemblea prevista per il pomeriggio. La chat interna tace ma la direttrice è chiara. Durante i lavori della commission­e speciale, su molti provvedime­nti in esame i membri di Forza Italia spingono dalla stessa parte dei Cinque Stelle. Non è la rappresent­azione plastica di una futura maggioranz­a, visto che in maggioranz­a insieme non ci staranno mai. Ma è un cambio di passo. «Se andiamo al voto, siamo finiti. I sondaggi ci danno al 7 per cento. E quello stesso governo che stiamo impedendo adesso, ce lo ritroviamo pari pari dopo le elezioni», commentano nei capannelli dei berlusconi­ani. Senza dimenticar­e che, al contrario di quanto non possa accadere in autunno o l’anno prossimo, a luglio c’è la matematica certezza che Silvio Berlusconi non sarà ancora candidabil­e. Ed è questo il motivo che ha spinto Salvini e Di Maio a bruciare tutti i ponti tra una maggioranz­a parlamenta­re e il governo di tregua proposto dal capo dello Stato. La minaccia, tra le decine di parlamenta­ri di FI certi della non rielezione, ha fatto breccia. Resta da scavare l’ultimo tunnel. Quello che porta al salotto di Arcore.

I segnali al Senato Nella commission­e speciale sul bilancio FI e 5 Stelle in sintonia su molti provvedime­nti

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy