Il Pd si affida a Gentiloni. Il 19 l’assemblea
Renzi: lui leader del centrosinistra. E per il segretario si cerca l’intesa. Boschi: al voto con le liste di marzo
In campagna elettorale batteremo sul tasto dell’incapacità che hanno dimostrato Lega e M5S Graziano Delrio
ROMA Il Pd si prepara alle elezioni. Con una convinzione: che se voto anticipato ha da essere, allora è meglio che sia a luglio. «In questo modo — ha spiegato Graziano Delrio ad alcuni parlamentari — in campagna elettorale potremo battere sul tasto dell’incapacità di Lega e grillini».
Non a caso, quindi, Matteo Renzi, ieri sera, ospite di Giovanni Floris, su La7, ha puntato l’indice contro il Carroccio e i 5 Stelle che «giocano sulla pelle del Paese». E l’ex segretario ha fatto anche il nome di Paolo Gentiloni come «candidato premier» di una coalizione di centrosinistra che questa volta vedrebbe un pezzo di Leu andare al voto insieme al Pd.
Ma Gentiloni non vorrebbe farsi bruciare. Tutti infatti sanno che anche queste elezioni saranno un «bagno di sangue» per il Partito democratico. E quindi fare il candidato premier di una coalizione perdente non è propriamente un ruolo al quale aspirare. Gentiloni chiede garanzie per non bruciarsi il suo futuro politico che però nessuno al Nazareno è in grado di dargli: è lui l’unica carta che il Pd può giocarsi se si va alle elezioni in tempi brevi.
In vista del possibile voto, ieri Orfini ha convocato l’assemblea nazionale per il 19 maggio. In quella sede si voterà un segretario. Il candidato con più chance, in caso di elezioni a luglio, è Martina. Su di lui potrebbero convergere anche i voti dei renziani per non dividere il partito. Benché l’ex segretario avverta: «Il leader lo sceglieranno le primarie». Ma l’ex premier sa che il Congresso non sarà possibile se si andrà al voto prima di dicembre. Martina però nelle sue intenzioni dovrebbe essere un segretario a tempo. E comunque Renzi tiene sempre in serbo la carta Guerini, pronto a giocarla se le elezioni dovessero scivolare più in là.
Dunque, la paura del voto sembra aver ricompattato il Pd in questa fase. Ma c’è ancora un punto da chiarire. Chi deciderà le candidature? Maria Elena Boschi, ospite da Bruno Vespa, è stata chiara: bisognerebbe andare con le «stesse liste elettorali del 4 marzo». Il che, ovviamente, conviene a Renzi, perché quei nomi li scelse lui. Ma c’è chi nicchia, chi è contrario e chi, come Andrea Orlando, chiede l’azzeramento. «Renzi non può avere tutto questo potere», si lamentano gli esponenti della minoranza. Ai quali l’ex segretario ha dato una risposta niente affatto rassicurante: «Per me procediamo pure al profondo rinnovamento, ma a questo punto si rispetti anche il limite dei mandati». E la mancata concessione delle deroghe metterebbe in difficoltà molti avversari interni di Renzi. A cominciare da Dario Franceschini...