Raid alla Romanina, quattro arresti «Si sentono padroni del quartiere»
Roma, i Casamonica e il pestaggio al bar. «Sconcertante indifferenza dei presenti»
La rivendicazione di uno spazio (la Romanina a Est della Capitale) e l’affermazione di un metodo, quello intimidatorio, funzionale al controllo dei loro business. Nelle ventisei pagine dell’ordinanza che ha portato ai quattro arresti di ieri — sono finiti in carcere Alfredo, Vincenzo ed Enrico Di Silvio più Antonio Casamonica — viene descritta la «egemonia territoriale» dei Casamonica-di Silvio su un pezzo di città. Come a dire che il ricatto dei clan (l’osservatorio delle mafie nel Lazio ne ha censiti 101) in alcune aree della Capitale è perfettamente attuale. Non a caso la gip Clementina Forleo parla di «ostentazione del potere su un territorio che i predetti considerano sottoposto al loro dominio». E contesta le lesioni e le minacce con l’aggravante del metodo mafioso.
Partiti dall’aggressione in un bar periferico — il 1° aprile una donna era stata percossa da due Di Silvio, mentre il titolare era stato minacciato di ritorsioni se avesse denunciato — gli inquirenti hanno scoperto una sorta di feudo. «Appare evidente — scrive la gip — che i Casamonica e i Di Silvio siano assurti a padroni del territorio ove insiste il bar in questione». La Romanina è il quartier generale di un clan che fra estorsioni, usura e spaccio, difende un giro di affari stimato sui 90 milioni di euro. In un simile contesto anche i cittadini finiscono per essere sudditi: «Va evidenziato — prosegue la gip — lo sconcertante comportamento tenuto dai numerosi soggetti che hanno assistito all’aggressione perpetrata nei confronti della vittima: infatti svariati avventori (del bar, ndr) sono rimasti assolutamente passivi non osando neppure allontanarsi dal locale per allertare le forze dell’ordine».
Le telecamere del bar hanno ripreso l’aggressione. La vittima, presa a cinghiate, colpita con calci all’addome e afferrata al collo per aver osato replicare ad Alfredo Di Silvio che accampava il privilegio di esser servito per primo, ha denunciato. Quindi, l’esposto del titolare del Roxy Bar Marian Roman (definito dai Di Silvio «Rumeno di me..»), ascoltato dal pm Giovanni Musarò e dall’aggiunto della Dda Michele Prestipino, ha fornito ulteriori elementi alla Squadra mobile.
Nelle settimane successive agli eventi l’imprenditore ha descritto una sorta di assedio al locale da parte del clan: «Tutti i giorni — ha verbalizzato la moglie di Roman, Roxanna — continuano a tenere quest’atteggiamento di sfida, come volessero dimostrare che sono rimasti impuniti per ciò che ci hanno fatto. Siamo stati costretti a cambiare le nostre abitudini di vita». I Di Silvio si sono mostrati «spavaldi e minacciosi» come se quel territorio conferisse loro una speciale immunità. «Va tuttavia rilevato — insiste la gip — come le minacce e violenze in questione appaiono riferibili, in maniera più ampia, alla conduzione dell’esercizio commerciale atteso il controllo del territorio dalle due famiglie in questione esplicato in detta zona e l’evidente sgradita presenza dei Roman che non si erano uniformati ai loro metodi».
Il ramificato clan dei Casamonica/di Silvio torna dunque sotto i riflettori. E ciò non giova agli affari. Non a caso, intervistato da Il Messaggero, Nando Casamonica, fratello di Vittorio al quale nel 2015 furono tributate spettacolari esequie, afferma che se i due autori del pestaggio «fossero dei Casamonica, bisognerebbe spezzargli le gambe». La vicenda
● Il primo aprile scorso esponenti dei Di Silviocasamonica sono stati protagonisti di una violenta aggressione all’interno del Roxy Bar, nel quartiere della Romanina
● Prima hanno preso di mira una cliente che si era lamentata per la loro pretesa di essere subito serviti e poi hanno aggredito il titolare dell’esercizio, di nazionalità rumena
Il titolare
«Dopo l’aggressione tutti i giorni tornavano per dimostrare che erano rimasti impuniti»