«Wojtyla e il no ai mafiosi, una sfida ancora attuale»
I vescovi siciliani a 25 anni dal discorso nella Valle dei Templi. Raspanti: «Messaggio rivoluzionario»
L’incontro
● Oggi pomeriggio i vescovi siciliani ricorderanno con una messa e una letteradocumento il monito di Giovanni Paolo II ai mafiosi 25 anni fa ad Agrigento
● «Convertitevi, una volta verrà il giudizio di Dio», disse Wojtyla
«Un messaggio rivoluzionario perché profondamente legato al Vangelo. Giovanni Paolo II ad Agrigento nel 1993, con le sue storiche frasi di netta critica ai mafiosi, ha inciso profondamente nella realtà e ha scosso le coscienze».
Il vescovo di Acireale e vice presidente nazionale della Cei (Conferenza episcopale italiana), Antonino Raspanti, spiega al Corriere della Sera la profondità teologica e morale dell’accorato e storico discorso nella Valle dei Templi. Il filosofo e teologo Raspanti aggiunge: «Noi vescovi siciliani in maniera collegiale abbiamo pensato che fosse giusto ricordare non solo la valenza storica di quelle frasi di Wojtyla ma mettere anche in evidenza la loro attualità».
Raspanti afferma: «Noi agiamo in piena sintonia con il messaggio di Giovanni Paolo II e con le posizioni espresse da papa Francesco. Vogliamo dare forza a ogni singolo sacerdote di periferia, a ogni persona che lotta in prima linea contro la mafia. Il messaggio rivoluzionario di papa Wojtyla è stato proprio quello di mostrare che con i loro atti di violenza e intimidazione i mafiosi vanno contro il Vangelo. E vi è un altro passaggio chiave...».
Quale?
«Giovanni Paolo II parlò direttamente ai mafiosi, si rivolse alle loro coscienze. Li invitò con fermezza a convertirsi, a cambiare vita. Papa Wojtyla specificò : “Verrà il giudizio di Dio”. Coloro che commettendo efferatezze scelgono con il libero arbitrio la via del male si autocondannano per l’eternità. È sul loro operato vi sarà il giudizio di Dio».
Vi è chi ha sottovalutato la forza concreta di quel messaggio...
«Quel messaggio è stato dirompente. I mafiosi si irritarono, hanno raccontato dei cappellani che nelle carceri vi furono forti lamentele. Giovanni Paolo II ha tolto ogni legittimazione “spirituale” ai mafiosi. L’aver fatto chiarezza su questo li ha spiazzati e anche indeboliti sul piano del consenso sociale. I mafiosi reagirono con le bombe davanti a San Giovanni Laterano e a
d
Niente funerali ai boss C’è coerenza con il Vangelo. Chi si macchia di crimini efferati è fuori dalla comunità cristiana San Giorgio al Velabro, e poi con l’uccisione a Palermo di don Pino Puglisi. Ma il forte messaggio lanciato da Wojtyla e l’agire coraggioso di don Puglisi hanno prevalso sui violenti».
Appena lei si insediò nella diocesi di Acireale, fra i suoi primi atti vi fu anche quello di decretare che non potevano essere celebrati funerali di boss mafiosi che non avevano mostrato alcun segno di pentimento in vita. Quale linea lo ha ispirato?
«Ho agito pienamente all’interno del diritto canonico e in coerenza con il Vangelo. Se un uomo si è macchiato di crimini efferati e non ha mostrato alcun segno di pentimento in vita si è posto fuori dalla comunità cristiana. La mafia è incompatibile con il messaggio di amore del cristianesimo». ● Antonino Raspanti, 58 anni, è vescovo di Acireale e vicepresidente della Cei (Conferenza episcopale italiana) per l’italia meridionale
Secondo lei vi è stato un calo dell’attenzione sul fronte della lotta contro la mafia negli ultimi lustri?
«Purtroppo sì. Penso che sia avvenuto per due motivi. Il primo parte dal fatto che la mafia ha cambiato strategia, inabissandosi per concentrarsi sugli affari, fa meno scalpore rispetto agli anni dei tanti omicidi. Il secondo è che lo Stato ha inferto duri colpi alle cosche mafiose, ma la battaglia è ancora lunga. I clan mafiosi, anche quelli più duramente colpiti, riescono comunque a riorganizzarsi. Ricordando il messaggio di Wojtyla vogliamo porre all’attenzione dello Stato e dell’opinione pubblica che bisogna impegnarsi di più su questo fronte».