Olmi, il necrologio con le sue ultime parole di pace
Ermanno Olmi, prima di morire, aveva lasciato un piccolo regalo a tutti coloro che gli hanno voluto bene e che ieri mattina, rispettando i desideri del grande regista che aveva scelto di avere dei funerali privati, non hanno potuto accalcarsi per l’ultimo saluto nella cappella del piccolo cimitero di Asiago, tra i pascoli dell’altopiano che incantarono Ernest Hemingway. Il regalo era un messaggio lasciato sulla scrivania che la moglie Loredana e i figli Mauro, Betta, Andrea hanno scelto di pubblicare sul Corriere di oggi, nella pagina dei necrologi, «ringraziando e abbracciando tutti coloro che hanno condiviso il loro dolore». Poche parole: «Auguro a tutti, di qualsiasi razza, religione o cultura, di provare sentimenti di pace nei confronti di ogni uomo così da mostrare a noi stessi e al mondo che la violenza non potrà mai restituire giustizia. Ermanno Olmi». Un testamento in linea con una vita intera spesa contro la guerra. Guerra che nei bombardamenti di Milano del ‘43 gli aveva ucciso il padre, già soldatino nel 1915-18: «Lui ci credette, nella patria. Partì a 18 anni…». Guerra rivissuta col film I recuperanti, dove raccontò la vita di tanti asiaghesi che dopo la fine della Battaglia degli Altipiani, rischiavano la pelle per recuperare rottami bellici. O ancora girando Il mestiere delle armi, la storia di Giovanni dalle Bande Nere e del cambiamento epocale dovuto all’arrivo delle armi da fuoco. Infine Torneranno i prati, su una giornata in trincea durante la grande guerra, vissuta da un gruppo di fanti tra neve e gelo. Quando i poveracci in divisa dell’una e dell’altra parte, «separati da trincee a volte di otto metri, si parlavano: “Come siete messi a legna?”. E stabilivano delle tregue perché gli uni e gli altri potessero “far fagaro”, cioè rifornirsi, per alleviare le pene della trincea». E lì si aprivano, infine, spiragli di pace…
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