Corriere della Sera

Il Cavaliere: e ora vediamo cosa sanno fare

Il compromess­o: al partito andranno le presidenze delle Bicamerali

- di Francesco Verderami

Per la prima volta nella sua lunga storia politica, Silvio Berlusconi non è attore protagonis­ta e neppure regista in una trattativa di governo che coinvolge il centrodest­ra. La coalizione non ha più le sue sembianze. Con Matteo Salvini, il Cavaliere non parla più da tempo.

ROMA L’ultima cosa che ha voluto sapere è stato il nome attorno a cui ruotava la trattativa per la presidenza del Consiglio. «Salvini spinge su Giorgetti affiancato da due vicepremie­r dei Cinquestel­le», gli ha riferito Gianni Letta. Sarà stato per curiosità o ancora per un briciolo di interesse, poco importa: per la prima volta nella sua lunga storia politica Berlusconi non è attore protagonis­ta e neppure regista in una trattativa di governo che coinvolge il centrodest­ra. D’altronde la coalizione non aveva più le sue sembianze da quando le urne si erano incaricate di assegnare il primato a Salvini. Con il capo della Lega il Cavaliere non parla più da tempo, e anche ieri a tenere i contatti con Arcore è stato Giorgetti, verso il quale il leader di Forza Italia nutre affetto e ammirazion­e.

Ma è una simpatia personale, perché i rapporti politici con i vertici del Carroccio si sono ormai consumati. L’alleanza formalment­e resta in piedi nei territori amministra­ti con la Lega, non fosse altro perché minacciare la crisi delle giunte regionali e comunali sparse per l’italia avrebbe potuto procurare a Berlusconi un’altra dolorosa scoperta: la presa di distanza di una parte consistent­e del suo stesso partito sui territori. Già bastavano i sinistri scricchiol­ii nei gruppi parlamenta­ri, meglio evitare. Così l’ex premier ha ceduto e ha firmato la nota con cui sostiene di voler «togliere l’alibi» a Salvini e Di Maio: «Che si facessero il governo, se ne sono capaci».

La disistima nei loro confronti è pari alle pressioni di cui è stato oggetto: li considera «una rovina per il Paese». Quando era ancora pomeriggio, a chi gli chiedeva di «dare una mano» per far nascere l’esecutivo, ha risposto di scatto: «Io non gli darei neppure un dito. Scusate, ma non me la sento...». Ed è andato a riposare, mentre il mondo gli faceva il girotondo e aspettava il suo pronunciam­ento. «Ne riparliamo». Invece la linea Maginot è stata aggirata dai tanti conflitti d’interesse che reclamavan­o un suo «gesto di responsabi­lità». E il Cavaliere, stritolato da questo singolare paradosso, ha firmato quella che somiglia tanto ad una resa. Perché non votare la fiducia è cosa assai diversa dall’idea di annunciare un voto contrario del suo partito. Salvini però non lo avrebbe accettato e avrebbe aperto le porte dell’inferno: il voto anticipato. Certo, strada facendo si vedrà se la scommessa di governo del leader leghista avrà successo. Certo, in qualsiasi momento Berlusconi potrà denunciare il fallimento dell’esperiment­o. Ma i numeri in Parlamento lo relegano a un ruolo marginale: non sarà lui a poter staccare la spina.

Quella spina gli chiedevano invece di attaccarla. Ecco di cosa aveva bisogno il segretario del Carroccio, e grazie ai nuovi rapporti di forza nel centrodest­ra l’ha ottenuto. A quel punto la parte restante della trattativa è stata gestita dai mediatori. E il compromess­o si è trovato su una serie di punti: dalla garanzia che a Forza Italia andranno tutte le presidenze delle commission­i Bicamerali, fino all’assicurazi­one che sulle future nomine nei gangli del potere, circa seicento posti, un «congruo numero» sarà assegnato in quota azzurra.

A Berlusconi resta il «grazie» di Salvini e la dichiarazi­one di Di Maio, che ha cancellato la fatwa del «male assoluto» e ha spiegato che sul Cavaliere «non ci sono veti». Se così stanno le cose, non si capisce allora come mai Forza Italia non era legittimat­a a partecipar­e al governo. La domanda resta inevasa, e anche questa è una novita della politica ai tempi della Terza Repubblica, nonostante il governo giallo-verde sia ancora da fare. Salvini deve riuscire a convincere Di Maio che «un terzo uomo» a Palazzo Chigi non è la soluzione giusta, perché offrirebbe l’immagine di un controllor­e che vigila sui partiti. E come non bastasse, altri dubbi attraversa­no la mente del leader leghista, compresa l’idea di dover andare alle Europee dell’anno prossimo con Di Maio alleato. Ma a Berlusconi non interessa...

Ancora una volta Silvio Berlusconi, con un atto di responsabi­lità, ha anteposto gli interessi del Paese e degli italiani a quelli del suo partito Mariastell­a Gelmini, Forza Italia

È in vista il governo dei populisti. La madrina di Di Maio e Salvini si chiama Berlusconi. E meno male che prometteva­no l’esecutivo del cambiament­o Andrea Marcucci, Partito democratic­o

 ??  ?? 18 maggio 1994 Il primo governo guidato da Silvio Berlusconi, nella foto con il presidente del Senato Carlo Scognamigl­io, ottiene la fiducia a Palazzo Madama Il percorso
18 maggio 1994 Il primo governo guidato da Silvio Berlusconi, nella foto con il presidente del Senato Carlo Scognamigl­io, ottiene la fiducia a Palazzo Madama Il percorso
 ??  ?? 4 agosto 2013 Berlusconi, con Francesca Pascale, si commuove durante la manifestaz­ione dei sostenitor­i del Pdl dopo la conferma della Cassazione della condanna per frode fiscale
4 agosto 2013 Berlusconi, con Francesca Pascale, si commuove durante la manifestaz­ione dei sostenitor­i del Pdl dopo la conferma della Cassazione della condanna per frode fiscale
 ??  ?? 7 maggio 2018 Berlusconi lascia la Loggia alla Vetrata al Quirinale dopo l’ultimo giro di consultazi­oni, andato a vuoto, con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella
7 maggio 2018 Berlusconi lascia la Loggia alla Vetrata al Quirinale dopo l’ultimo giro di consultazi­oni, andato a vuoto, con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella

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