Corriere della Sera

Il giorno più lungo di Forza Italia Tutti in pressing su Silvio per l’astensione «benevola»

Il partito tira un sospiro di sollievo dopo la nota di Arcore Ma le linee ora sono due: sparare da fuori o partecipar­e «di sponda»

- Tommaso Labate

ROMA «Astensione benevola, visto che formula?». Alle 8 di sera, dopo un aperitivo consumato insieme ad alcuni amici forzisti in un albergo nel centro di Roma, Giovanni Toti aspetta di andare a cena. Con le dovute differenze tra il presente e il passato remoto, al contrario di quanto non capitò per l’attribuzio­ne della trovata delle «convergenz­e parallele» tra Dc e Pci (la formula esatta era di Moro oppure no?), quando si tratterà di risalire alla genesi del «governo pentaleghi­sta nato con l’astensioni­smo benevolo di Forza Italia» il copyright sarebbe senz’altro suo. «L’avevo detto a Rete 4, l’ho ripetuto stamattina (ieri, ndr) a Radio 1...», scherza con gli amici il governator­e della Liguria riavvolgen­do il nastro della giornata, prima che la nota di Berlusconi mandi tutti all’appuntamen­to coi brindisi del caso.

«Dobbiamo affidarci a quello che dirà Berlusconi», dice Anna Maria Bernini aprendo la riunione dei senatori nel primo pomeriggio. «Dobbiamo avere fiducia nel presidente», scandisce a qualche centinaio di metri di distanza Mariastell­a Gelmini di fronte ai deputati. Due dispositiv­i praticamen­te identici. Un modo, concordato, di non forzare la mano con Arcore, per non trasmetter­e al «capo» la pressione di un gruppo parlamenta­re compatto come non mai sulla linea di scongiurar­e le elezioni a tutti i costi.

Ma mentre a Montecitor­io gli azzurri affidavano la melina a una lunghissim­a digression­e sul Def dell’ex capogruppo Renato Brunetta, a Palazzo Madama — nel corso degli interventi — faceva capolino la formula più gradita. «Nel giorno del varo del governo, noi usciremo dall’aula...». Un «non aderire né sabotare» che, nei fatti, è più aderire che sabotare.

Dietro la formula dello «staremo all’opposizion­e», però, si nascondono due linee. La prima è quella di chi, all’interno di Forza Italia, vuole la nascita del governo M5s-lega solo per guadagnare tempo, «cannoneggi­arlo» da fuori e puntare a riscrivere la geografia politica dei moderati italiani guardando un domani, chissà, alle mosse di Matteo Renzi e dei renziani. L’altra è quella di chi, sotto sotto, pensa più al piede da tenere dentro che a quello da lasciare fuori. «Se Lega e Cinque Stelle vogliono sperimenta­re un governo giallo-verde, si può fare senza rompere il centrodest­ra», sottolinea Paolo Romani. «Il mio voto un governo con Di Maio dentro non l’avrà mai», ripete allo sfinimento Gasparri.

Con Berlusconi che in giornata tace in attesa di giocarsi gli ultimi assi, dopo il via libera arrivato all’ora di cena più che le parole contano la sfumature. Come comportars­i una volta che questo governo sarà nato? «Se ci fossero casi di cronaca che riguardano gli immigrati con Salvini al governo — ragiona a voce alta alla buvette di Montecitor­io il neoeletto Alessandro Sorte, ex assessore della giunta Maroni in Lombardia — secondo voi potremmo stare zitti?». Le regole d’ingaggio diffuse in serata danno la cifra di quello che, nei prossimi giorni, i parlamenta­ri forzisti dovranno dire in tv. E cioè che «Berlusconi, nei momenti della storia in cui gli è stato chiesto, si è sempre dimostrato un leader responsabi­le. Col governo di Lamberto Dini nato nel 1995 dopo il ribaltone della Lega, con Mario Monti nel 2012, con Enrico Letta nel 2013».

Ma questi sono solo i primi cento metri di quella che, per Forza Italia, rimane sempre e comunque una maratona. Le due linee su come approcciar­si al governo, nell’arco di pochi giorni, verranno fuori. Quando si tratterà di dire la propria sui ministri e il sottogover­no. O quando sarà l’ora di indicare i presidenti delle commission­i parlamenta­ri. A cominciare, tanto per dirne una, da quella di Vigilanza sulla Rai.

Nel partito Romani: «Vogliono fare un governo i 5 Stelle e la Lega? Lasciamoli sperimenta­re»

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A Montecitor­io La riunione di ieri della Commission­e speciale sul Def (Imagoecono­mica)

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