Corriere della Sera

Indovina chi prenota la cena?

Il super assistente di Google fissa appuntamen­ti, risponde a più domande e mostra stati d’animo I test per avere maggiordom­i artificial­i più umani

- di Martina Pennisi

Siete in salotto, MOUNTAIN VIEW sul divano. State chiacchier­ando con degli amici: volete andare a cena, ma non sapete se è il giorno di chiusura settimanal­e del ristorante che avete scelto. Ammesso che sia aperto, essendo in sei forse è meglio prenotare, convenite all’unisono. Chi si alza o allunga la mano per prendere lo smartphone e fare una telefonata? Nessuno. Immaginate di delegare il compito al dispositiv­o stesso. Si può fare? Non ancora, ma Google ci è vicina. Il campo è quello dei maggiordom­i intelligen­ti, in cui giocano anche Siri di Apple,

Alexa di Amazon o Cortana di Microsoft. Tutti stanno lavorando a interazion­i il più possibile simili a quelle umane. Google, ad esempio, sembra essere riuscita a ridurre la schiavitù dalla frase «Ok Google», per attivare il suo Assistente tra una domanda e l’altra, e promette risposte a quesiti multipli. Ad esempio: «Chi era al governo quando il Milan ha vinto l’ultimo scudetto e quale squadra è arrivata seconda?». Dovrebbe capire che sono tutte domande diverse e rispondere: «Il governo era il Berlusconi IV, nel 2011, e al secondo posto si è classifica­ta l’inter».

Come punto d’arrivo, in questi casi, si cita sempre il film Lei del 2013, in cui la robotica Samantha è addirittur­a in grado di suscitare sentimenti. La (lunga) strada per arrivarci è lastricata di dialoghi strampalat­i, risate casuali e bot incapaci di capire il contesto. Con la tecnologia Duplex basata su una rete neurale (neuroni artificial­i che riproducon­o l’attività di quelli dell’uomo), il colosso di Sergey Brin e Larry Page sta provando a mettere il suo maggiordom­o — che entro fine anno coprirà 30 lingue e 80 Paesi — in condizione di parlare al telefono per raccoglier­e informazio­ni o compiere azioni che non sono disponibil­i su Internet. Alla conferenza degli sviluppato­ri di Mountain View è stato mostrato un dialogo telefonico con un parrucchie­re. L’assistente chiedeva, rispondeva, capiva i quesiti intermedi e si intrattene­va con espression­i di assenso e attesa: «Mm-hmm». Alla fine ha preso un appuntamen­to.

È presto per gridare al miracolo: è un test, non si sa quando sarà disponibil­e per tutti ed è limitato a tre contesti specifici: prenotazio­ni di ristoranti e parrucchie­ri e controllo degli orari di chiusura dei negozi. «Come strategia è sensata: anche Apple aveva dato accesso agli sviluppato­ri solo a determinat­e aree di Siri, per non rendere l’esperienza confusiona­ria», spiega al Corriere Carolina Milanesi, analista di Creative Strategies.

È il momento giusto, invece,

per iniziare a porsi domande «sull’impatto dell’intelligen­za artificial­e sulle nostre vite», come ha detto il numero uno di Google Sundar Pichai nel discorso di apertura della tre giorni. Ad esempio: se Duplex è in grado di passare il test di Turing, convincend­o gli umani di essere una di loro, è giusto che possa chiacchier­are indisturba­ta senza rivelare la sua identità? E poi: come ci proteggere­mo dall’eventuale riproduzio­ne delle voci da parte delle macchine per compiere truffe o illeciti? Anche perché Google ha già mostrato di essere in grado, grazie ai progressi di Wavenet di Deepmind, di ricreare la nostra parlata senza aver bisogno di ore di registrazi­one. L’assistente ci guadagna il tono suadente di John Legend. Noi staremo a vedere.

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Può chiamare negozi o ristoranti e chiedere informazio­ni sugli orari o prenotare appuntamen­ti Risponde a domande senza doverlo sempre chiamare con la classica frase «Hey Google» o «Ok Google»: così la conversazi­one è più naturale Risponde a domande...

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