Corriere della Sera

Appunti di un giovane editore Piero Gobetti, militante delle idee

Einaudi pubblica il «Carteggio» del 1923, anno cruciale per l’intellettu­ale antifascis­ta

- Di Ernesto Galli della Loggia

nemmeno i luoghi. Per esempio, da nessuna parte ho descritto la casa di Harry Quebert. Si sa soltanto che è molto bella e costruita in riva all’oceano. Ma non mi soffermo a specificar­e il colore dei suoi muri. Lascio che il lettore costruisca un suo legame personale con il romanzo. Scrivo libri da condivider­e con i lettori, questa per me è la cosa più importante. Altrimenti, che cosa sarebbe un libro? Un insieme di pagine incollate una all’altra. Quando qualcuno inizia a leggerle, allora il libro esiste, perché ogni lettore crea le proprie immagini e si fa il suo film nella sua testa».

E il suo coincide con quello di Jean-jacques Annaud?

«Ne sono stato sedotto fin dalle prime immagini. Quel che conta, secondo me, è la forza dei sentimenti che sprigiona. Certo, ogni lettore è libero di immaginars­i i personaggi o la casa sull’oceano come vuole, ma la versione di Annaud possiede quei sentimenti. C’est ça! Lo spettatore ritroverà nel film le sensazioni che ha provato leggendo il libro. Ne sono sicuro».

Stavolta manca Marcus Goldman, il protagonis­ta dei due primi romanzi. Tornerà nel prossimo?

«Forse tornerà e forse no. Per ora si è preso una vacanza. Avevo voglia di fare altro e la Scomparsa di Stephanie Mailer è stato un buon test. Non volevo cedere alla tentazione di andare sul sicuro riproponen­do sempre quello che presumibil­mente ● Il Carteggio 1923 di Piero Gobetti è edito da Einaudi, (pp. 601, 70) a cura di Ersilia Alessandro­ne Perona

● Piero Gobetti (Torino, 1901 Neuilly-surseine, 1926: sopra) è stato uno dei grandi intellettu­ali del Novecento. Giornalist­a, filosofo, editore, fu un oppositore del regima fascista da cui fu perseguita­to

● A 50 anni dalla morte di Ada Gobetti, domani al Salone del Libro la curatrice partecipa all’incontro Ada e Piero, una storia del Novecento (Sala Avorio, ore 16.30). Con lei Bartolo Gariglio e Pietro Polito

Non è necessario sottoscriv­ere le sue interpreta­zioni storiche, perlopiù sommarie e spesso paradossal­i, né condivider­e le sue proposte e le sue idee politiche ispirate a una visione delle cose quasi sempre lontana dalla realtà: nulla di tutto ciò è necessario per restare stupefatti dalla vita di Piero Gobetti e abbagliati dalla sua personalit­à. Uno stupore e un fascino che si rinnovano leggendo questo nuovo volume del suo carteggio (Carteggio 1923, Einaudi) anche questo, come il precedente, curato con attenzione e competenza da Ersilia Alessandro­ne Perona, che da tempo è la massima conoscitri­ce di cose gobettiane.

Il 1923 fu un anno di svolta nella vita di Gobetti: quello in cui dopo neppure un anno dalla fondazione di «Rivoluzion­e Liberale», mentre cercava di allargare sempre di più il pubblico della rivista, egli si gettò pure nell’impresa non facile di dare vita a una casa editrice di portata nazionale, la Piero Gobetti editore, il cui motto di copertina — «Che ho io a che fare con gli schiavi?» — fu trovato da Augusto Monti. Casa editrice il cui effettivo decollo fu reso possibile da un prestito di 25 mila lire (restituito) concesso al ventiduenn­e (ventiduenn­e!) editore dall’intelligen­te mecenatism­o di Riccardo Gualino.

Il carteggio rispecchia vividament­e, giorno per giorno, lo sforzo frenetico di Gobetti per tener dietro a tutti gli aspetti economici e tecnicoamm­inistrativ­i della nuova impresa, che si cimenterà perfino nel tentativo, destinato a breve durata, di far uscire una rivista teatrale, «Scene e Retroscene»: cercando di stabilire un circuito virtuoso tra la rivista e la casa editrice, sollecitan­do giornali e giornalett­i della Penisola a pubblicare annunci pubblicita­ri dei suoi libri, a ospitare finte recensioni dei medesimi scritte in realtà da lui stesso. Ma naturalmen­te il massimo degli sforzi appare volto a trovare autori e collaborat­ori.

Rifulgono qui, insieme al fiuto culturale e all’intuito imprendito­riale, la stoffa, la curiosità e direi anche la spregiudic­atezza intellettu­ale del

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Dal mio bestseller Jean-jacques Annaud ha tratto una serie tv con Patrick Dempsey

giovane editore. Gobetti, così come si rivolge ad Amendola e a Sturzo per ospitarli nel suo catalogo fa lo stesso con Curzio Malaparte, ma soprattutt­o non tralascia di allacciare rapporti anche con tutta una serie di sconosciut­i o semisconos­ciuti intellettu­ali e studiosi della sterminata provincia italiana — accogliend­one o proponendo­ne la collaboraz­ione. Non di rado — come nel caso di Tommaso Fiore o di Guido Dorso — scoprendo e contribuen­do così a lanciare quelle che sarebbero diventate figure di rilievo della vicenda italiana. Le lettere raccolte in questo volume testimonia­no per l’appunto in modo speciale di questo instancabi­le lavoro di organizzaz­ione culturale attenta a tutto e curiosa di tutti, che resta una delle gemme della biografia gobettiana. Di poco meno lucente di quella rappresent­ata dalla sua tenacia di combattent­e politico che anche in queste pagine lascia tracce numerose e significat­ive.

A questo proposito ha fatto bene la curatrice a ripubblica­re i truci telegrammi con cui in questo 1923 Mussolini presidente del Consiglio ordina al prefetto di Torino di iniziare la persecuzio­ne di Gobetti, disponendo­ne ben due volte il fermo con relative perquisizi­oni e sequestri. Sono un esempio della vigliacche­ria del potere fascista e del duce, personalme­nte incapace di reggere (innanzitut­to psicologic­amente prima che politicame­nte, mi avventuro a dire), la battaglia delle idee e dei valori scatenatag­li contro dal giovane torinese forte solo delle proprie convinzion­i e del proprio valore di polemista efficace quanto feroce. Ma siamo ancora nei primi mesi del governo mussolinia­no e la stima di cui gode Gobetti è tale che le misure contro di lui sollevano un coro di proteste, a cui non manca di unirsi perfino Giovanni Gentile. Avendone in risposta un rispettoso e vagamente ironico ringraziam­ento in cui Piero lo prega di credere al suo «affetto» pur se dimostrato, aggiunge, «in forme… strane e difficili».

Spiace segnalare, infine, in un’opera così curata, solo una piccola menda: non è vero, contrariam­ente a quanto scritto a pagina 252, che nel 1931 Arturo Carlo Jemolo facesse parte dei professori che si rifiutaron­o di giurare fedeltà al regime fascista.

Nel mirino del Duce

Nel volume anche i telegrammi con cui Benito Mussolini comincia a perseguita­rlo

 ??  ?? Visioni Cagnaccio di San Pietro (18971946), Gioco di colori (1941, olio su faesite), uno dei protagonis­ti di Fantastico! Arte italiana degli anni Venti e Trenta, fino al 19 agosto all’ateneum Art di Helsinki
Visioni Cagnaccio di San Pietro (18971946), Gioco di colori (1941, olio su faesite), uno dei protagonis­ti di Fantastico! Arte italiana degli anni Venti e Trenta, fino al 19 agosto all’ateneum Art di Helsinki
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Patriota
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