Mattarella avverte: sovranismo inattuabile
Il presidente difende l’euro e dice no ai nazionalismi. La vigilanza sulla formazione del governo
Non presentatemi candidati ostili ai patti e ai trattati sottoscritti con l’ue, dei sovranisti, insomma, per il posto da premier o per i ministeri chiave del vostro governo. In primis quelli degli Esteri e dell’economia. È questo il significato sottinteso del discorso che Sergio Mattarella ha tenuto ieri a Fiesole, alla conferenza «The state of the Union», una sorta di check up annuale sull’europa.
Un memorandum, il suo, dedicato al vertice Ue di fine giugno. Ma che in alcuni passaggi era impossibile non leggere in chiave interna, e dunque indirizzato anche a Movimento Cinque Stelle e Lega, a intermittenza ostili o molto ostili verso Bruxelles e ora impegnati a stringere un’alleanza di governo guardata nel continente come il solito, sospetto «caso italiano».
Le visioni del sovranismo, dice il presidente, magari «seducenti ma inattuabili» (e chissà se pensa, oltre ai nostri eurosfiduciati, al gruppo di Visegrad, con le sue «formule ottocentesche» intrise di nazionalismi), «ingannano consapevolmente le opinioni pubbliche» attraverso l’illusione che le sfide del nostro tempo possano esser affrontate dai singoli Paesi. «Narrazioni» sbagliate, per lui. Anzi, un pericolo, specie quando sono rivolte a popoli frustrati e impauriti, e dipingono l’unione solo come una «entità burocratica» invece di far capire che tutte le scelte, comprese quelle discutibili, sono state frutto di decisioni prese dai governi nel Consiglio europeo. E la stessa vituperata moneta unica (sulla quale Beppe Grillo ha appena rilanciato l’idea di un referendum, mentre per il capo dello Stato resta «l’espressione di una forte solidarietà tra i Paesi dell’eurozona»), ha avuto la funzione di un paracadute anticrisi, grazie alla «saggia politica di accompagnamento della ripresa economica» di Mario Draghi.
Tutto si tiene, nella logica del presidente. E quei cenni sono quindi riferibili pure a una fase complessa come l’attuale. Per cui, posto che sul serio nasca un governo 5 Stelle–lega, Mattarella vigilerà sulla formazione dell’esecutivo, scegliendo i nomi più adatti ad assicurare coerenza internazionale e scartando quelli inadatti, così come l’articolo 92 della nostra Magna Charta prevede. E poi, a varo avvenuto, si preoccuperà di «dare forma» alla lotta politica, nei limiti di quanto la cornice istituzionale può permetterglielo.
Certo, se i soci dell’esecutivo facessero ancora leva su richiami populisti e sortite troppo radicali e «barbariche», lui dovrebbe convincerli a cambiare linguaggio. E a correggere, con un bagno nella realtà, per esempio nei conti pubblici, il libro dei sogni che hanno presentato agli italiani. Servono ragionevolezza e rispetto delle regole. Il presidente, da custode della Costituzione, è lì per ricordarlo. Già domenica o lunedì, se per allora leghisti e pentastellati gli faranno conoscere il programma e la lista dei ministri.
«State of the Union» Il discorso del presidente a Fiesole in occasione dei lavori sullo stato di salute dell’europa