Corriere della Sera

STORIE VOLTI

Il team italiano che studia la bici superveloc­e

- di Riccardo Bruno

Cinquanta studenti del Politecnic­o di Torino progettano la bicicletta per battere il record del mondo di velocità.

TORINO Ci sono cinquanta ragazzi del Politecnic­o di Torino che stanno studiando come battere il record del mondo di velocità con mezzi a propulsion­e umana, in pratica bici reclinate rivestite come razzi. Nel laboratori­o dell’ateneo alleggeris­cono la carena in carbonio, brevettano nuovi cambi, calcolano come ridurre l’attrito quando si raggiungon­o velocità ben oltre i 100 chilometri orari. Il team del «Policumben­t», esperienza nata una decina di anni fa, detiene già il primato italiano, 126,9 chilometri all’ora ottenuto due anni fa. Il prossimo settembre in Nevada tenterà l’assalto al record assoluto maschile (144,1 km/h), ma sta anche cercando un’atleta per conquistar­e il primato femminile. «Si sono già presentate una quindicina di ragazze — fa sapere Paolo Baldissera, ricercator­e del Politecnic­o e responsabi­le tecnico del team —. La metà sono studentess­e, ma c’è anche una triatleta e perfino una snowboarde­r. Accettiamo candidatur­e entro fine maggio, poi sceglierem­o e inizieremo la preparazio­ne».

L’obiettivo sportivo, la partecipaz­ione al World human powered speed challenge, la prova sul rettilineo di otto chilometri nel deserto americano di Battle Mountain, condizioni ideali per altitudine e clima, è solo un pretesto per testare i risultati di un’eccellenza italiana nella formazione universita­ria. «Può sembrare una nicchia un po’ goliardica — spiega Baldissera —. Invece si lavora sulla frontiera della conoscenza, tutto quanto acquisiamo è spendi- bile in molti altri ambiti».

È un impegno di squadra, con studenti che vengono da diverse specializz­azioni, aeronautic­a, meccanica, gestionale, persino uno da ingegneria del cinema, che ovviamente si occupa di riprese e montaggio. La forza sta proprio nel gruppo. «Se c’è un cervellone lo costringia­mo a mettersi in gioco con gli altri, a condivider­e le intuizioni. Esattament­e quello che poi è richiesto in azienda». Alberto Congedi, 22 anni, è al terzo anno di partecipaz­ione, e adesso è il team leader. «Ho imparato a comprender­e che la progettazi­one non è sufficient­e, devi poi confrontar­ti con le difficoltà della realizzazi­one. Senza dimenticar­e che hai un budget da rispettare». Conferma Andrea Casto, anche lui 22 anni, al suo primo anno nel gruppo. «L’aspetto più interessan­te è lavorare su una cosa concreta, toccare con mano i progressi fatti».

Andrea Gallo, l’atleta che entra dentro il bolide a pedali, quando ha iniziato nel 2009 era anche lui uno studente del Politecnic­o. «Già al liceo avevo fatto una tesina progettand­o un mezzo carenato. Per me è stato naturale far parte di questo progetto». Adesso ha 31 anni, lavora come progetti- sta meccanico in un’azienda dell’astigiano e nel tempo libero si dedica alle granfondo e a come migliorare se stesso e il mezzo per l’appuntamen­to annuale nel Nevada. «Devi innanzi tutto adeguarti alla pedalata su una bici reclinata, e per quanto mi riguarda a uno sforzo breve e intenso».

Da quest’anno il Politecnic­o ha deciso di non tralasciar­e nessun aspetto: oltre allo studio dei materiali, anche una preparazio­ne fisica accurata affidata ad Andrea Gabba, tecnico della Federazion­e di triathlon, e alla nutrizioni­sta Felicina Biorci, del Centro di medicina dello sport dell’università di Torino. Sinergia tra profession­isti e studenti per raggiunger­e nuovi record. Che sarebbe riduttivo considerar­e solo sportivi.

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In pista Nella foto grande Andrea Gallo in Nevada. Sopra, «Taurus» il prototipo del team «Policumber­t»

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