Le rassicurazioni della Lega sul conflitto d’interessi
Il capo di FI: se c’è l’intesa a dicembre rompono
Con la figlia ha un rapporto che non ha mai avuto con il padre, ed è a Marina Berlusconi che Salvini ha spiegato quanto voleva dire a Silvio Berlusconi: non accadrà che il conflitto d’interessi diventi un’arma puntata contro il Cavaliere.
In effetti, le «convergenze programmatiche» tra Lega e M5S sulla legge che ha attraversato la Seconda Repubblica senza mai arrivare in porto, si sono finora limitate a una «presa d’atto»: durante la trattativa sul contratto i grillini l’hanno presentata al tavolo, e i leghisti l’hanno liquidata con un «bene, andiamo avanti». E per ora Salvini e Di Maio vanno avanti con estrema fatica, come Berlusconi prevedeva. Tuttavia è su quel dossier che il leader di Forza Italia intrattiene quotidianamente i suoi ospiti, sostenendo di essere «all’oscuro di tutto»: «Ed è chiaro che se venisse inserito negli accordi di governo, sarebbe la certificazione della rottura con la Lega. La prova del loro tradimento». Ma se è vero che sul conflitto d’interessi ha ricevuto precise garanzie dall’alleato, perché continua a mostrarsi «tormentato» per le sorti del suo impero?
«Se vuoi la pace prepara la guerra», si è lasciato sfuggire mentre era al telefono con il coordinatore valdostano del partito, a cui ha annunciato la sua partecipazione alla campagna elettorale, in vista delle Regionali del 20. È stato un attimo, ma quella frazione di tempo è bastata per offrire l’interpretazione autentica del suo pensiero. Il Cavaliere è convinto che quella legge venga usata dai vertici di M5S ad uso interno, serve per placare l’anima movimentista, per consentire che la trattativa di governo con la Lega vada in porto senza strappi, grazie anche alla piattaforma Rousseau, che sarà la Cassazione dell’elettorato grillino sul contratto: «E vedrete che aggiusteranno quel risultato. Faranno sapere che il program-
ma è stato approvato con una maggioranza striminzita».
Insomma, i timori esternati in modo teatrale servono come mezzo di contrasto nella sfida politica, anche perché se la legge brandita dai suoi avversari per venticinque anni venisse davvero varata «non colpirebbe solo noi...». Non a caso il vice capogruppo forzista Occhiuto, tra le tante potenziali «vittime» del provvedimento, inserisce «la Srl Casaleggio»: «Gli strumenti di comunicazione oggi non sono più solo le tv, le radio e i giornali. Non dimentichiamo i blog». Come ai tempi della guerra fredda, la proliferazione delle armi di distruzione serve quindi a garantire un equilibrio tra avversari.
E il Cavaliere davanti agli avversari non sembra rassegnato ad abdicare. «D’ora in avanti il partito dovrà parlare con una sola voce», è stata la sua premessa durante una riunione ad Arcore l’altra sera. L’avviso di scomunica agli eretici ha preceduto una telefonata al segretario del Ppe Daul, per garantirgli che il suo partito assumerà una posizione sempre più europeista: «E non lo faremo da soli». A chi si riferisse è stato chiaro poco dopo: «Così come popolari e socialisti sono maggioranza a Strasburgo, così popolari e socialisti saranno opposizione a Roma». E giusto per precisare, prima ha detto peste e corna del reggente dem Martina, poi ha cambiato tono su Renzi: «L’accanimento sui suoi genitori è incredibile».
Se non è una riedizione del Nazareno poco ci manca, di certo il dialogo è ripreso e c’è persino una mezza intesa per le Bicamerali chiave nei lavori del Parlamento: l’obiettivo è la Vigilanza Rai a un senatore di Forza Italia e il Comitato sui servizi a un deputato del Pd. Non è chiaro da cosa il Cavaliere tragga tanta sicurezza per la rivincita, dopo la cocente sconfitta elettorale di due mesi fa e il «passo di lato» sul governo. Il punto è che l’esperimento di Salvini e Di Maio — a suo giudizio — regge su fondamenta gracili: «Il governo non avrebbe credito in Europa. In più, la situazione economica, i problemi nel settore bancario e la pressione dei mercati farebbero esplodere le contraddizioni tra loro».
Non è dato sapere se Berlusconi abbia avuto informazioni dirette sulle trattative tra Cinquestelle e Lega, è certo di non sbagliare quando prevede che «se trovassero un accordo, romperebbero presto. Non oltre dicembre. E torneremmo a votare in primavera». Si vedrà se le previsioni del Cavaliere saranno fondate o se si è trattato di una sbiadita speranza di tornare in gioco. Perché questo è il vero tormento di Berlusconi, non la legge sul conflitto d’interessi.