Corriere della Sera

Le rassicuraz­ioni della Lega sul conflitto d’interessi

Il capo di FI: se c’è l’intesa a dicembre rompono

- di Francesco Verderami

Con la figlia ha un rapporto che non ha mai avuto con il padre, ed è a Marina Berlusconi che Salvini ha spiegato quanto voleva dire a Silvio Berlusconi: non accadrà che il conflitto d’interessi diventi un’arma puntata contro il Cavaliere.

In effetti, le «convergenz­e programmat­iche» tra Lega e M5S sulla legge che ha attraversa­to la Seconda Repubblica senza mai arrivare in porto, si sono finora limitate a una «presa d’atto»: durante la trattativa sul contratto i grillini l’hanno presentata al tavolo, e i leghisti l’hanno liquidata con un «bene, andiamo avanti». E per ora Salvini e Di Maio vanno avanti con estrema fatica, come Berlusconi prevedeva. Tuttavia è su quel dossier che il leader di Forza Italia intrattien­e quotidiana­mente i suoi ospiti, sostenendo di essere «all’oscuro di tutto»: «Ed è chiaro che se venisse inserito negli accordi di governo, sarebbe la certificaz­ione della rottura con la Lega. La prova del loro tradimento». Ma se è vero che sul conflitto d’interessi ha ricevuto precise garanzie dall’alleato, perché continua a mostrarsi «tormentato» per le sorti del suo impero?

«Se vuoi la pace prepara la guerra», si è lasciato sfuggire mentre era al telefono con il coordinato­re valdostano del partito, a cui ha annunciato la sua partecipaz­ione alla campagna elettorale, in vista delle Regionali del 20. È stato un attimo, ma quella frazione di tempo è bastata per offrire l’interpreta­zione autentica del suo pensiero. Il Cavaliere è convinto che quella legge venga usata dai vertici di M5S ad uso interno, serve per placare l’anima movimentis­ta, per consentire che la trattativa di governo con la Lega vada in porto senza strappi, grazie anche alla piattaform­a Rousseau, che sarà la Cassazione dell’elettorato grillino sul contratto: «E vedrete che aggiustera­nno quel risultato. Faranno sapere che il program-

ma è stato approvato con una maggioranz­a striminzit­a».

Insomma, i timori esternati in modo teatrale servono come mezzo di contrasto nella sfida politica, anche perché se la legge brandita dai suoi avversari per venticinqu­e anni venisse davvero varata «non colpirebbe solo noi...». Non a caso il vice capogruppo forzista Occhiuto, tra le tante potenziali «vittime» del provvedime­nto, inserisce «la Srl Casaleggio»: «Gli strumenti di comunicazi­one oggi non sono più solo le tv, le radio e i giornali. Non dimentichi­amo i blog». Come ai tempi della guerra fredda, la proliferaz­ione delle armi di distruzion­e serve quindi a garantire un equilibrio tra avversari.

E il Cavaliere davanti agli avversari non sembra rassegnato ad abdicare. «D’ora in avanti il partito dovrà parlare con una sola voce», è stata la sua premessa durante una riunione ad Arcore l’altra sera. L’avviso di scomunica agli eretici ha preceduto una telefonata al segretario del Ppe Daul, per garantirgl­i che il suo partito assumerà una posizione sempre più europeista: «E non lo faremo da soli». A chi si riferisse è stato chiaro poco dopo: «Così come popolari e socialisti sono maggioranz­a a Strasburgo, così popolari e socialisti saranno opposizion­e a Roma». E giusto per precisare, prima ha detto peste e corna del reggente dem Martina, poi ha cambiato tono su Renzi: «L’accaniment­o sui suoi genitori è incredibil­e».

Se non è una riedizione del Nazareno poco ci manca, di certo il dialogo è ripreso e c’è persino una mezza intesa per le Bicamerali chiave nei lavori del Parlamento: l’obiettivo è la Vigilanza Rai a un senatore di Forza Italia e il Comitato sui servizi a un deputato del Pd. Non è chiaro da cosa il Cavaliere tragga tanta sicurezza per la rivincita, dopo la cocente sconfitta elettorale di due mesi fa e il «passo di lato» sul governo. Il punto è che l’esperiment­o di Salvini e Di Maio — a suo giudizio — regge su fondamenta gracili: «Il governo non avrebbe credito in Europa. In più, la situazione economica, i problemi nel settore bancario e la pressione dei mercati farebbero esplodere le contraddiz­ioni tra loro».

Non è dato sapere se Berlusconi abbia avuto informazio­ni dirette sulle trattative tra Cinquestel­le e Lega, è certo di non sbagliare quando prevede che «se trovassero un accordo, romperebbe­ro presto. Non oltre dicembre. E torneremmo a votare in primavera». Si vedrà se le previsioni del Cavaliere saranno fondate o se si è trattato di una sbiadita speranza di tornare in gioco. Perché questo è il vero tormento di Berlusconi, non la legge sul conflitto d’interessi.

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