Corriere della Sera

Iran, mossa di Bruxelles per salvare il patto

Mogherini convoca Londra, Parigi, Berlino, con il ministro di Teheran. All’agenzia atomica l’italiano Aparo

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Davide Frattini © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

GERUSALEMM­E Alla fiera del libro di Teheran, l’ayatollah Ali Khamenei si ferma a leggere Fuoco e Furia, forse attratto dalla promessa in copertina di entrare «dentro la Casa Bianca di Trump». Non che agli iraniani interessi più tallonare il presidente americano, l’immagine pubblicata sul profilo Instagram della Guida Suprema sembra una canzonatur­a per dimostrare che Teheran può voltare pagina senza Donald.

Mohammed Javad Zarif, il ministro degli Esteri, parte in missione per Pechino, Mosca e Bruxelles. In ordine di speranza: sono i Paesi che più possono garantire al regime di salvare l’economia, di provare ad aggirare le sanzioni che gli Usa intendono imporre dopo la decisione di abbandonar­e l’accordo sul programma nucleare. Trump vuole anche ispezioni più intrusive da parte degli scienziati dell’agenzia atomica delle Nazioni Unite, il cui capo Tero Varjoranta si è dimesso ed è per ora stato sostituito dall’italiano Massimo Aparo. I francesi non vogliono sottostare alle misure punitive e comportars­i «come vassalli di Washington», attacca Bruno Le Maire, il ministro delle Finanze, che è preoccupat­o «dai danni alle nostre imprese, dobbiamo continuare a commerciar­e con l’iran». Heiko Maas, il ministro degli Esteri tedesco, avverte «siamo pronti a dialogare, se necessario anche a litigare. È evidente che gli americani non sono disposti a prendere in consideraz­ione le idee degli alleati». È quell’europa «ancora una volta umiliata da Trump» — come la descrive il New York Times — che martedì si riunisce a Bruxelles e incontra Zarif per cercare — così spera l’alto rappresent­ante Ue Federica Mogherini — «di proteggere l’intesa e convincere gli iraniani a non cancellarl­a».

Vladimir Putin si porta avanti con l’offerta di creare un’area per il libero scambio tra Teheran e le nazioni dell’ex Unione Sovietica. Lo Zar è alleato degli ayatollah in Siria, dove insieme hanno permesso al dittatore Bashar Assad di sopravvive­re a sette anni di guerra civile. Vuole muoversi da re anche nella partita bellica che gli israeliani hanno chiamato «Operazione Scacchi» (obiettivo: impedire all’iran di arroccarsi dall’altra parte del confine), così allo stesso tempo permette ai jet di Tsahal di volare nei cieli attorno alla Siria con la garanzia a Benjamin Netanyahu di aver bloccato la consegna delle batterie antimissil­e S-300, più moderne ed efficaci, al regime di Damasco. Il premier israeliano promette che «la campagna militare continuerà, stiamo per vincere» e Avigdor Liberman, il ministro della Difesa, consiglia ad Assad «di buttare fuori gli iraniani».

Che ribattono con il sermone guerresco dall’università di Teheran, trasmesso alla tv di Stato, del leader religioso Ahmad Khatami: se gli israeliani «agiscono in modo folle, Tel Aviv e Haifa saranno totalmente distrutte».

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«Fuoco e furia» L’ayatollah Ali Khamenei legge il libro di Michael Wolff alla fiera del libro di Teheran

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