Corriere della Sera

«Insieme, ora si può» Il neoromanti­cismo

I creativi che stanno ridisegnan­do Pandora «Ci interessan­o i contrasti: la forza sta lì»

- Maria Teresa Veneziani

La scheda

● Pandora è stata fondata nel 1982 a Copenaghen, in Danimarca, sede del quartier generale del gruppo

● La filosofia Pandora è quella di unire artigianal­ità e tecnologie industrial­i avanzate sviluppand­o le idee del fondatore, quel Per Enevoldsen che negli Anni Ottanta, insieme con la moglie, in un piccolo negozio danese ebbe l’idea del prezioso a prezzo accessibil­e, dando vita a quello che sarebbe diventato il più grande brand di gioielli al mondo

● L’azienda impiega 23.800 persone nel mondo

Uno porta le scarpe da tennis, l’altro stringate, ma entrambi sfoggiano collanine con ciondoli indossati sulla maglietta. Filippo Ficarelli e Francesco Terzo, trentenni, sono i designer italiani di Pandora. L’azienda danese di gioielleri­a «democratic­a», quotata alla borsa valori Nasdaq di Copenaghen, li ha voluti a capo del suo team creativo per stare al passo con le mode che devono fare i conti con i tempi supersonic­i del web affamato di novità. L’obiettivo — centrato — del duo creativo è stato quello di riproporre l’oro giallo, storicamen­te simbolo di splendore, per evolvere l’offerta dei gioielli a prezzi accessibil­i: Pandora Shine è un nuovo metallo in argento Sterling 925 placcato in oro 18K.

Fiutando nell’aria un nuovo desiderio di romanticis­mo, i designer per la primavera estate 2018 hanno creato una collezione di gioielli ispirata alla natura incantata, dove il simbolo è l’ape, sotto forma di ciondolo brillante, con le righe orizzontal­i nere smaltate, lavorazion­e complessa in gioielleri­a. Del resto, una delle peculiarit­à che ha fatto il successo del brand danese — oggi venduto in più di 100 Paesi nel mondo, attraverso una rete di 7.700 punti vendita (di cui 2.300 monomarca) — è proprio quella di produrre gioielli che uniscono artigianal­ità e tecnologie avanzate nelle fabbriche aperte nel nord della Thailandia, area di tradizione orafa dove lavorano 13.200 persone, perlopiù giovani avviati al mestiere di artigiani orafi.

Filippo Ficarelli e Francesco Terzo si sono incontrati dopo gli studi, il primo nel campo della moda e il secondo dell’arte. Nel 2004 fondano il loro marchio di moda maschile, Memine, che li porta a ottenere consulenze per griffe come Dior e Ralph Lauren. Dal 2016 il passaggio a Pandora. Del resto i gioielli sono diventati accessorio che fa stile. Si definiscon­o complement­ari. «Ci piacciono i contrasti forti — raccontano —. Come quando un look di una donna è completame­nte minimal o estroso. Con un paio di blu jeans e una t-shirt puoi sentirti più forte o femminile se aggiungi i tuoi gioielli. Le gioie hanno sempre avuto questo tipo di effetto».

L’oro giallo, regale e lussuoso, è anche un simbolo senza tempo di cui si sente il biso- In alto, da sinistra, Francesco Terzo e Filippo Ficarelli, duo creativo di Pandora. Sopra, l’anello alveare e quello a corona della collezione primavera estate 2018. A destra, il disegno dell’ape, charm simbolo di delicatezz­a e forza gno. «Storicamen­te era associato al sole e alla dimensione maschile, mentre l’argento evocava la luna, la dimensione femminile. Le donne vorranno sempre esprimere queste contrappos­izioni». Non è più proibito mischiare i bagliori bianchi dell’argento con quelli caldi e solari dell’oro, anzi. La nuova collana «Dolci ricordi», dedicata alla festa della mamma, è realizzata in lega metallica placcata in oro rosa 14K con il ciondolo scrigno in vetro come quello che le donne del secolo portavano vicino al cuore.

«È perfetta per creare toni contrastan­ti unendo all’interno due o tre piccoli elementi in oro e argento», spiegano i creativi. Sono le giovani generazion­i oggi a guidare le tendenze? «Occorre partire dal presuppost­o che anche i Millennial­s crescerann­o. Il nostro ideale di bellezza è genuino, vero. Il punto di forza di Pandora è la trasversal­ità e la possibilit­à di personaliz­zare il proprio gioiello».

Quello che è cambiato è il modo di parlare con le persone, le consumatri­ci. «Dobbiamo continuare a rimanere in contatto con tutte le donne in qualsiasi parte del mondo. Possiamo raccontare le stesse storie sui nostri gioielli ma, per esempio, una conversazi­one sulla piattaform­a digitale Bee My Love dovrà essere molto diversa da una pubblicità su un giornale». I charms e i bracciali restano in cima alle vendite del brand danese, ma nei negozi si registra il ritorno degli orecchini abbinati alla collana. «E anche del choker, il girocollo, oggi, però, indossato in maniera sbarazzina, magari abbinato ad altri collane più lunghe». La tendenza? «Indossare qualche pezzo importante, come un paio di orecchini di famiglia, combinato con uno semplice, ricevuto in dono o regalato a se stesse. Mixare e prendersi qualche rischio. Le mode nascono così». La differenza tra disegnare abiti e gioielli? «I preziosi richiedono una produzione molto lunga, bisogna capire a fondo le tecniche e l’artigianal­ità della lavorazion­e e dei vincoli dei materiali (pietre, perle..). Ma la vera sfida è creare oggetti dal peso perfetto, né troppo leggero, né troppo pesante. Trovare l’equilibrio è una magia».

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