Corriere della Sera

Il made in Italy porta a casa 91 miliardi

L’avanzo commercial­e della manifattur­a nel 2018 nelle stime di Intesa Sanpaolo e Prometeia

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comparti produttivi raggruppat­i in 15 settori». Tra la miriade di dati e tabelle di una ricerca che scava nel profondo del tessuto produttivo italiano emergono alcuni elementi forti. «C’è innanzitut­to la centralità del comparto manifattur­iero nel suo insieme, che crescerà quest’anno del 2,4% e del 2,1% nel 2019, a un tasso quasi doppio rispetto all’aumento del Pil nazionale», spiega Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo. Ma uno dei dati più impression­anti della ricerca è il ruolo chiave dell’industria manifattur­iera nell’interscamb­io commercial­e dell’italia. Il saldo tra import ed export raggiunger­à quest’anno i 91 miliardi di euro e toccherà i 115 nel 2022. Nel 2007 era di appena 30 miliardi.

Il principale contributo viene dai settori auto e moto, dalla meccanica, e dal farmaceuti­co che non a caso trainano anche la crescita dell’occupazion­e. «Se consideria­mo il dato medio della crescita della produttivi­tà in Italia, appena il 5% contro il 25% della Germania, ci rendiamo conto che si tratta di una media «alla Trilussa». Nel manifattur­iero la produttivi­tà è cresciuta infatti in questi anni del 22,8%», conclude De Felice. Centro di questo motore di sviluppo è il capitale umano che merita investimen­ti crescenti per stare al passo con la concorrenz­a europea. Tuttavia solo il 29% dei lavoratori italiani ha un buon livello di conoscenza delle tecnologie Ict contro il 50% della Gran Bretagna. Per questo occorreran­no cospicui investimen­ti, anche pubblici, nella formazione dei giovani.

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