Corriere della Sera

UN BUON VOTO NON SI PAGA

- Di Paolo Di Stefano

Che cosa c’è di educativo in un premio in denaro elargito dalla scuola ai suoi studenti migliori? Nulla. Probabilme­nte, invece, c’è molto di diseducati­vo. Grazie al contributo di alcune aziende locali, l’istituto di Istruzione superiore Buonarroti Fossombron­i di Arezzo il 19 maggio consegnerà degli assegni tra i 100 e i 150 euro agli allievi che nel primo quadrimest­re hanno ottenuto una media superiore al 7,5 (non al 7,4!) e almeno un 9 in condotta. La dirigente scolastica l’ha presentato come un buon modo «per far scattare la motivazion­e allo studio e promuovere comportame­nti corretti in classe». Una scuola che si riempie la bocca (e riempie i suoi documenti) di parole come «talento», «eccellenze», «merito», «qualità», «motivazion­i», «competizio­ni» già allarma abbastanza chi ragionevol­mente crede nella scuola come luogo di formazione culturale e di maturazion­e critica della cittadinan­za.

Ma se poi decide di utilizzare il denaro per «valorizzar­e i comportame­nti proattivi (sic!) positivi che consentano

il raggiungim­ento del successo formativo» (come recita il testo intitolato «Progetto Merito» e sottotitol­ato «Valgo, mi impegno, mantengo un buon comportame­nto, merito»), allora non resta alcun dubbio su uno spaventoso equivoco molto diffuso: quello prodotto dal cliché di una scuola-azienda efficienti­sta e immediatam­ente «spendibile» sul mercato, specie in tempo di crisi.

Naturalmen­te con un corollario di concetti forse «proattivi» ma decisament­e discutibil­i come, per esempio, dichiarazi­oni fasulle o vaghe spacciate per grandi verità:

«premiare chi si impegni è in qualche modo una forma di sensibiliz­zazione contro il bullismo» (chi l’ha detto?) e «diffondere le buone pratiche ha la finalità di far nascere l’imitazione di modelli positivi, raggiungib­ili per tutti» (ma davvero?).

Poche idee ma confuse, direbbe Ennio Flaiano, espresse con una congerie di luoghi comuni tipici dell’aziendales­e à la page. Ma il segnale più preoccupan­te che proviene da Arezzo è l’idea di una scuola che accoglie i principi neoliberis­ti diffusi ovunque (e quasi ovunque fallimenta­ri), per cui ogni tipo di impegno, anche fare bene il proprio dovere o comportars­i correttame­nte, ha un equivalent­e economico-finanziari­o misurabile e traducibil­e in un assegno. Anzi, non sono i valori civili, morali, culturali a favorire l’impegno e la correttezz­a ma i soldi che se ne potrebbero incassare.

Intanto il primo risultato del «Progetto merito» aretino è che decine di studenti si sono precipitat­i a iscriversi al Fossombron­i per guadagnars­i qualcosa negli anni a venire: non un buono-libri né una borsa di studio ma un centinaio di euro.

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