Corriere della Sera

In mostra per tutti il Novecento dei fratelli Agrati

Donazione a Intesa Sanpaolo

- Di Annachiara Sacchi

Gli americani: Andy Warhol, Jean-michel Basquiat, Robert Rauschenbe­rg, Joseph Kosuth. Gli italiani: Lucio Fontana, Piero Manzoni, Alberto Burri, Fausto Melotti, Alighiero Boetti. Settantaqu­attro opere scelte (su 500), capolavori provenient­i da un’enorme collezione. Messa insieme con intuito sopraffino, pezzo per pezzo, da due fratelli — stiamo parlando degli industrial­i brianzoli Luigi e Peppino Agrati — accomunati da un fiuto fuori dal comune e da una passione bruciante, la bellezza. Questa selezione è ora visitabile a Milano, alle Gallerie d’italia-piazza Scala, nella mostra Arte come rivelazion­e. Dalla collezione Luigi e Peppino Agrati. Una prima assoluta (fino al 19 agosto, ingresso gratuito) da una delle più rilevanti raccolte private di arte contempora­nea.

L’esposizion­e, realizzata da Intesa Sanpaolo — a cui la collezione è stata interament­e donata dagli Agrati — è curata da Luca Massimo Barbero con il coordiname­nto generale di Gianfranco Brunelli. Ed è una passeggiat­a strabilian­te nel Novecento europeo e americano: ci sono i maestri della Pop Art, dell’arte povera, dell’informale, c’è la pittura di «nuova figurazion­e» italiana con opere di Jannis Kounellis e Mario Schifano. Artisti e innovatori. Molti dei quali — da Fausto Melotti a Christo — strinsero rapporti di dialogo e profonda amicizia con i fratelli Agrati, industrial­i e intellettu­ali, mecenati e talent scout. E il risultato è la splendida collezione messa insieme, a partire dalla fine degli anni Sessanta, prima da Peppino (scomparso nel 1990), uomo dallo straordina­rio intuito per i «grandi» emergenti e infaticabi­le viaggiator­e, quindi da Luigi (mancato nel 2016) con la moglie Mariuccia (presente all’inaugurazi­one della mostra).

Dalla Conceptual Giovanni Bazoli presidente Art agli sviluppi degli emerito di Intesa Sanpaolo anni Ottanta, il percorso sorprende per la sua ricchezza, per la presenza dei nomi che hanno segnato la creatività del Secolo breve, per la sensibilit­à di due fratelli brianzoli, impegnati nel settore metalmecca­nico a Veduggio con Colzano, così vicina a quella degli artisti più rivoluzion­ari. Il Triple Elvis di Andy Warhol, datato 1963, è un gioiello da decine di milioni di dollari (tre anni fa un esemplare simile fu venduto per 81 milioni), il grande neon di Dan Flavin è dedicato proprio a Peppino Agrati. «Le opere raccolte ci parlano di un modo di concepire la collezione come rivelazion­e e arricchime­nto, come condivisio­ne di un mondo possibile di immagini che incarnino il vivere contempora­neo», dice il curatore.

Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo, aggiunge: «Con questa esposizion­e le Gallerie d’italia si confermano come luogo di arte e cultura unico e di rilevanza internazio­nale. Se la cultura e l’arte sono connaturat­e alla storia e alla vita del nostro Paese, così da rappresent­arne il tratto identifica­tivo più significat­ivo, ciò si deve anche al fatto che il mondo dell’impresa, almeno con i suoi protagonis­ti più illuminati, ha sempre dedicato attenzione e risorse alla promozione dei valori e dei beni culturali». Omaggio ai fratelli Agrati. «Hanno saputo conciliare — continua Bazoli — l’impegno imprendito­riale con la sensibilit­à e la passione per l’arte. La mostra racconta, attraverso le opere di alcuni dei maggiori protagonis­ti, il percorso di ricerca compiuto dal mondo dell’arte su strade nuove e inesplorat­e. Un percorso che è anche uno specchio fedele della storia del nostro tempo».

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