Corriere della Sera

«Atroce per un uomo in bici»

«Macché tattiche, si va allo sbaraglio. Aru ha sbagliato preparazio­ne»

- Gaia Piccardi

IMOLA Le ruote in pianura, il cuore già in Carnia. Una volata tra i vigneti veneti e poi, domani, la strada del Giro d’italia s’impennerà di colpo. Lo Zoncolan, detto Kaiser, aspetta al varco Simon Yates per scolorirgl­i la maglia rosa. Non è tanto l’altitudine (1.730 metri), il Colle delle Finestre (Cima Coppi) si spingerà molto più in su, è tutto il resto. «È la pendenza, che tocca punte del 24 per cento: atroce per un uomo su una bicicletta da corsa. È il colpo d’occhio: centomila persone sedute sui prati, dentro uno stadio naturale, che ti fissano. Impression­ante».

Gilberto Simoni, 46 anni, due volte vincitore del Giro d’italia (2001, 2003), altre cinque volte sul podio, ex scalatore concreto e solitament­e poco incline ai superlativ­i, il Kaiser l’ha conquistat­o due volte: l’anno del suo secondo

dtrionfo, salendo dal versante di Sutrio (dodicesima tappa), e nel 2007 (diciassett­esima) affrontand­olo da Ovaro, l’ascesa più dura, la stessa che aspetta Yates e i suoi fratelli. Per lo Zoncolan, il trentino ha coniato una definizion­e rimasta celebre tra ciclisti e suiveurs: il pezzo più semplice equivale alla salita più tosta del Tour de France. «Rende l’idea?». Eccome. «Non è un Pordoi. Non è lo Stelvio. E non è nemmeno il Mortirolo, il Finestre o l’angliru». Cos’è, Gibo? «È una strada forestale, affascinan­te, da sfidare con poche tattiche. Io andavo allo sbaraglio, senza troppi pensieri». Come? Facile: «Mi mettevo davanti e non mi giravo più».

La leggerezza da neofita di Simon Yates, la gestione conservati­va di Tom Dumoulin, l’andatura da formica di Thibaut Pinot, le velleità di Domenico Pozzovivo saranno messe alla prova dalla Montagna del Giro 2018, conficcata come un monolite nella durezza del Friuli più aspro. Stai seguendo la corsa Gilberto? «Certo! Avrei voluto io, da corridore, un Giro così; e invece a me mettevano dieci arrivi per velocisti... La grande novità, Yates, mi sta convincend­o giorno dopo giorno. Preparatis­simo, sereno, sorridente. Gli altri fanno passi indietro e lui va sempre più forte: Simon sarà protagonis­ta anche domani, vedrete. E scommetter­ei sull’inglese anche per la vittoria finale, sul podio di Roma». Dumoulin? «Mi piace. Sbaglia poco, la difesa di Osimo è stata superba. È bello vederlo onorare la corsa di cui è campione in carica pur avendo in testa il Tour».

Auguri, lassù, a Chris Froome e Fabio Aru, le stelle cadenti di un Giro sghembo da subito. Simoni ha le idee chiare: «Da Chris mi aspetto ancora qualcosa. È Froome, insomma. Fabio quest’anno ha sbagliato proprio la preparazio­ne: lo terrà in piedi l’orgoglio di correre in Italia, ma ha davanti troppi avversari per poter sperare di scalare posizioni in classifica. Vedrei più un guizzo di Pozzovivo, piuttosto...».

Lo Zoncolan, i quattro Gran premi della montagna sulla strada per Sappada, la micidiale crono di Rovereto. Chi e cosa deciderann­o il Giro? «Non il Kaiser, secondo me. È una salita troppo dura: non farà una selezione netta».

La galleria che immette negli ultimi 500 metri dal traguardo è il ricordo più indelebile di Simoni: «Ci arrivi con il cuore in gola e la testa vuota. Qualche metro al buio e poi sbuchi nella luce violenta, accolto da un boato pazzesco. Lo risento come fosse ieri: un urlo tipo stadio di calcio dopo un gol, che ti fa ronzare le orecchie».

Ci tornerà, Gibo, domani, sulla sua montagna. «Festeggio il gemellaggi­o tra Palù di Giovo e Ovaro con un’uscita di 230 km: l’idea, valutando la stanchezza, è quella di salire in bici». Come natura crea. Ci si vede sui tornanti, vecchio Gibo.

Gilberto Simoni

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