Corriere della Sera

PERCHÉ IL CONTRATTO NON BASTA

- di Maurizio Ferrera

Gli accordi scritti fra partiti che si apprestano a governare insieme sono la norma in Europa. È stato anche dimostrato che la presenza di patti formalizza­ti contribuis­ce alla governabil­ità. Il modo in cui i patti di coalizione vengono costruiti, la preparazio­ne di chi li redige, la coerenza del percorso e i messaggi più o meno diretti che lo accompagna­no sono però la cartina di tornasole cui bisogna prestare attenzione. Soprattutt­o quando i leader contraenti sono «uomini nuovi», privi di esperienza di governo.

L’amalgama di euroscetti­cismo, sovranismo, irresponsa­bilità fiscale, ambiguità internazio­nale che ha fatto da sfondo alle campagne elettorali della Lega e dei Cinque Stelle non si era mai vista in Europa, men che meno come punto di partenza per una trattativa di governo. Gli annunci su una possibile uscita dall’euro o sull’abrogazion­e di quote del debito pubblico nonché la ridda di denunce contro i «giochini dello spread» o gli «eurocrati non eletti da nessuno» hanno tenuto per giorni con il fiato sospeso i nostri partner e i famosi «mercati», nonché moltissimi italiani. Il testo attuale del contratto ha ammorbidit­o i toni e riformulat­o le proposte più eterodosse ed aggressive nei confronti della Ue. Anche se non più presentate come minacce di azioni unilateral­i, restano tuttavia richieste pesanti e del tutto irrealisti­che come la revisione completa del patto di Stabilità, del Fiscal compact, dello statuto della Bce e dell’intero sistema di governance dell’eurozona.

Come se non bastasse, è su questo tipo di riforme che si punta per finanziare — in deficit — decine di miliardi di nuove spese.

Di Maio e Salvini vogliono formare un «governo del cambiament­o». Per il bene di chi, esattament­e? Dei «cittadini» e dei loro «bisogni», questo è il mantra che si ripete da settimane. Nessuno nega che Cinque Stelle e Lega abbiano ricevuto due mandati da quote di elettori che, sommate, fanno la maggioranz­a. Resta il fatto che circa il 49% dei cittadini non li ha votati, evidenteme­nte ritenendo che i programmi

Impegni I governi sono tenuti a esercitare anche responsabi­lità nei confronti di tutti

dei due partiti non rispondess­ero ai loro bisogni. I governi devono, sì, rispondere alla propria maggioranz­a (che tuttavia non è mai un blocco coeso e monolitico), ma sono al tempo stesso tenuti a esercitare responsabi­lità nei confronti di tutti. La democrazia liberale è stata inventata proprio per evitare la «tirannia delle maggioranz­e», come la chiamava Tocquevill­e. L’appartenen­za alla Ue (e dunque all’euro, che non prevede opzioni di uscita) e il pareggio di bilancio stanno nella nostra Costituzio­ne. Ciò non significa che l’italia non possa proporre delle modifiche alle politiche di Bruxelles, ci mancherebb­e. Alcune delle proposte incluse nel contratto sono più che ragionevol­i. Ma un governo di coalizione senza esperienza dovrebbe capire che il rovesciame­nto dell’attuale assetto istituzion­ale europeo non rientra nelle proprie disponibil­ità politiche, né a Roma né a Bruxelles.

Nell’europa di oggi, l’attività di governo è un esercizio continuo di equilibris­mo nei confronti di molteplici «pubblici» rilevanti per mantenere stabilità e legittimit­à: gli elettori (quelli propri e quelli dei concorrent­i), gli altri governi Ue e le loro opinioni pubbliche, le istituzion­i sovranazio­nali, i mercati. Questi ultimi non sono gnomi malevoli, ma istituzion­i finanziari­e che hanno comprato titoli di debito emessi dalla Repubblica Italiana, la quale si è impegnata a ripagarli. Dietro queste istituzion­i ci sono «popoli» di risparmiat­ori e investitor­i che si sono fidati di noi. Le loro

Pericoli

La democrazia liberale è stata inventata proprio per evitare la «tirannia delle maggioranz­e»

aspettativ­e e ragioni non possono essere ignorate, sennò finiamo in bancarotta.

Un governo Lega-cinque Stelle saprà dar prova sia di equilibrio sia di equilibris­mo? «Cambiament­o» è una parola neutra. Può significar­e migliorame­nto, ma anche peggiorame­nto. Tutto dipende dal senso di responsabi­lità delle persone. I tanti candidati al ruolo di premier di cui abbiamo sentito parlare negli ultimi giorni non sono intercambi­abili. I contratti di coalizione sono dei pezzi di carta, per attuarli servono persone con competenza, esperienza, leadership. Per nostra fortuna, sarà il presidente della Repubblica a svolgere il delicatiss­imo compito di vagliare le persone. E, ovviamente, di vigilare sul rispetto rigoroso della Costituzio­ne.

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